Tel Aviv, 30 ottobre 2025 – La designazione di Yair Netanyahu, figlio del primo ministro Benjamin Netanyahu, a un ruolo di rilievo nella World Zionist Organization (WZO) ha riacceso le tensioni politiche in Israele, mettendo a rischio un accordo di compromesso appena raggiunto riguardo alle nomine nelle istituzioni sioniste. La nomina, annunciata dal ministro della Cultura del Likud, Miki Zohar, ha provocato una forte reazione delle forze di opposizione, in particolare dei partiti Yesh Atid e The Democrats, che hanno minacciato di ritirare il loro sostegno all’intesa sulle leadership della WZO e del Jewish National Fund-KKL.
La nomina di Yair Netanyahu e le reazioni politiche
Yair Netanyahu, che ha trascorso gran parte degli ultimi anni a Miami e si è distinto per la sua presenza infuocata sui social media e i legami con figure politiche di estrema destra in Europa e negli Stati Uniti, era stato indicato per guidare il dipartimento Hasbara della WZO, incarico che comporta benefici significativi come ufficio, auto di servizio e uno stipendio equiparabile a quello di un ministro di governo.
L’annuncio della sua nomina ha scatenato dure critiche da parte dell’opposizione. Yair Lapid, leader di Yesh Atid, ha definito la scelta “ripugnante” e ha ribadito con fermezza: “Non firmeremo alcun accordo che includa questa nomina. Punto.” Parallelamente, Yair Golan, presidente dei Democrats, ha attaccato il figlio del premier definendolo “una persona spregevole che ha dedicato la vita alla distruzione e alla divisione” e ha affermato che “non è degno di rappresentare il popolo ebraico”.
In risposta, Miki Zohar ha difeso la decisione attraverso i social, affermando che da anni “figure di sinistra lavorano per piazzare parenti e amici in posizioni chiave nelle istituzioni nazionali”, mentre l’opposizione ha reagito con una tempesta di accuse di ipocrisia. Zohar ha inoltre stigmatizzato ciò che ha definito “una disgustosa manifestazione di ipocrisia maliziosa” contro Yair Netanyahu, sostenendo che il suo incarico avrebbe promosso la difesa sionista nella diaspora a vantaggio del popolo ebraico.
Il compromesso a rischio e la redistribuzione delle cariche
L’accordo originale, ancora non formalizzato, prevedeva un equilibrio tra le forze liberali e conservatrici all’interno della WZO e del KKL. Secondo i termini, il rabbino Doron Perez, presidente del movimento religioso sionista World Mizrachi e padre di un capitano caduto nell’attacco di Hamas del 7 ottobre, avrebbe assunto la presidenza della WZO. A metà del suo mandato quinquennale, Perez sarebbe stato sostituito da un rappresentante di Yesh Atid.
Nel contempo, Meir Cohen, esponente di Yesh Atid e deputato alla Knesset per 12 anni, avrebbe assunto la carica di presidente del Jewish National Fund-KKL, lasciando poi il posto a un rappresentante del Likud a metà mandato. Questo assetto mirava a mantenere un bilanciamento tra le diverse anime politiche sioniste, dopo che nelle legislature precedenti entrambi i ruoli erano stati occupati da esponenti del Likud, Yaakov Hagoel e Ifat Ovadia-Luski.
Fonti interne alla WZO hanno definito l’intesa come un compromesso “equilibrato” che riflette le proporzioni relative tra i blocchi politici. Tuttavia, il tentativo di alcune fazioni di destra di monopolizzare entrambe le posizioni è stato respinto grazie alla solidarietà tra i partiti pluralisti.
Implicazioni e scenari futuri
La controversia sulla nomina di Yair Netanyahu arriva in un momento particolarmente delicato per la politica israeliana e per le dinamiche all’interno delle istituzioni sioniste internazionali. La presenza di un membro della famiglia Netanyahu in un ruolo così strategico potrebbe alterare gli equilibri già fragili tra le correnti politiche che si contendono l’influenza sulla direzione della WZO e del KKL, due entità chiave per il sostegno alla diaspora e allo sviluppo di Israele.
Le tensioni interne alla coalizione di governo, già evidenti nelle schermaglie verbali tra Miki Zohar e un ministro del partito ultranazionalista Otzma Yehudit, sottolineano come la gestione delle nomine nelle istituzioni nazionali continui a essere un terreno di scontro acceso. La possibile cancellazione dell’accordo di compromesso potrebbe aprire la strada a ulteriori divisioni e rinvii nelle decisioni cruciali per la rappresentanza e la politica sionista a livello globale.





