Graziano Mesina, una figura controversa e nota del banditismo sardo, è deceduto all’età di 83 anni. La sua morte è avvenuta poco dopo essere stato scarcerato, grazie a un’istanza di differimento pena accolta dal tribunale di sorveglianza di Milano per motivi di salute. Mesina era stato trasferito nel reparto di Patologia penitenziaria dell’ospedale San Paolo di Milano, dopo aver trascorso due anni nel carcere di Opera.
La vita di Graziano Mesina
Nato il 4 aprile del 1942, Mesina era diventato famoso come la “primula rossa” della criminalità sarda, noto per le sue imprese legate al traffico di droga e ad altre attività illecite. La sua vita è stata segnata da un susseguirsi di arresti e latitanze. Fino alla sua cattura nel 2020 a Desulo, in provincia di Nuoro, Mesina aveva vissuto per un anno e mezzo come latitante, sfuggendo alle forze dell’ordine.
La sua storia giudiziaria
La sua storia giudiziaria è complessa: dopo un lungo percorso legale, nel dicembre 2021, è stato condannato a 24 anni di carcere, una pena ricalcolata su una condanna originaria di 30 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Negli ultimi anni di vita, le sue avvocate, Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier, hanno presentato ben sette istanze per ottenere il differimento della pena per motivi di salute, tutte respinte fino all’ultima, accolta solo il giorno prima della sua morte.
Un’eredità controversa
La figura di Mesina ha suscitato opinioni contrastanti; da un lato, è visto come un simbolo della resistenza e della cultura sarda, dall’altro come un criminale che ha inflitto danni alla società. La sua morte rappresenta la fine di un’era, quella di un uomo che ha vissuto tra il confine della legge e della sua violazione, lasciando un’eredità complessa e controversa.