Se approvati dal Congresso, i tagli comporterebbero la cancellazione di ben 41 missioni spaziali e la riduzione del personale della NASA da oltre 17.000 a circa 12.000 unità, un livello mai visto dalla metà degli anni ’60
Si intensifica la protesta contro i drastici tagli ai programmi scientifici della NASA proposti dall’amministrazione Trump per l’anno fiscale 2026. Secondo quanto denunciato dalla Planetary Society, organizzazione no-profit americana attiva nel settore spaziale, il documento di bilancio presentato il 30 maggio scorso prevede un taglio del 47% ai fondi destinati alla ricerca scientifica dell’agenzia spaziale statunitense. Se approvato dal Congresso, ciò comporterebbe la cancellazione di ben 41 missioni spaziali e la riduzione del personale da oltre 17.000 a circa 12.000 unità, un livello mai visto dalla metà degli anni ’60.
NASA, tagli drammatici e impatto sulle missioni spaziali
Casey Dreier, responsabile della politica spaziale presso la Planetary Society, ha dichiarato che questa riduzione rappresenterebbe la più piccola forza lavoro della NASA dalla fase antecedente al primo volo umano nello spazio. Gli effetti sul morale degli scienziati sono devastanti: Sarah Horst, della Johns Hopkins University, riferisce che molti ricercatori temono per la loro occupazione, per i progetti a cui hanno dedicato decenni e per il futuro scientifico degli Stati Uniti.
Tra le missioni a rischio vi è il programma Mars Sample Return, fondamentale per riportare sulla Terra i campioni marziani raccolti dal rover Perseverance, vanificando così anni di lavoro. A rischio anche la missione Osiris-Apex verso l’asteroide Apophis e la sonda Juno, attiva attorno a Giove dal 2016, che potrebbe essere ritirata. Inoltre, la NASA potrebbe dover abbandonare la collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea per il rover Rosalind Franklin, la cui partenza verso Marte è prevista nel 2028.
I tagli di Trump e il declino della scienza americana
Questi tagli si inseriscono in un più ampio contesto di riduzione dei fondi destinati alla scienza pubblica e alla ricerca negli Stati Uniti, iniziati con il ritorno al potere di Donald Trump nel 2025. Dopo aver ritirato gli USA dall’Accordo di Parigi sul clima e aver bloccato i finanziamenti per l’energia pulita, la sua amministrazione ha colpito duramente istituti chiave come la NASA, la NOAA, l’EPA e la NSF.
Il budget della NASA vede una riduzione di oltre 3 miliardi di dollari per il 2026, pari a un taglio del 50% nei fondi per la ricerca scientifica. Tale manovra compromette il lancio di nuovi satelliti fondamentali per il monitoraggio climatico e le previsioni meteorologiche, inclusi progetti avanzati come il telescopio Nancy Grace Roman. Parallelamente, migliaia di scienziati federali sono stati licenziati e importanti programmi di ricerca, inclusi quelli sulle emissioni di gas serra e il cambiamento climatico, sono stati cancellati o sospesi.
Missioni NASA a rischio tagli
Tra i programmi scientifici a rischio ci sono i due orbiter Mars Odyssey e Maven, attualmente in orbita su Marte, e la sonda New Horizons, impegnata nello studio delle regioni più esterne del Sistema Solare. Inoltre, sarebbero cancellate le missioni DaVinci e Veritas, pensate per esplorare Venere. Un altro progetto considerato per la cancellazione è il Lunar Gateway, la futura stazione spaziale in orbita attorno alla Luna. Questi tagli riguarderebbero anche decine di missioni dedicate all’osservazione della Terra, fondamentali per la previsione di disastri naturali e il monitoraggio del riscaldamento globale, così come iniziative per sviluppare veicoli più ecologici e sostenibili.
Kevin Dreier, esperto di Space.com, evidenzia che “le cancellazioni delle missioni operative da sole rappresentano oltre 12 miliardi di dollari di investimenti pubblici, e una volta eliminate non si potrà più tornare indietro”. L’eventuale ripristino richiederebbe anni e un impegno economico ancora maggiore.
Priorità all’esplorazione umana di Marte
L’amministrazione Trump intende invece concentrare le risorse residue sulla preparazione di missioni umane su Marte, con investimenti tecnologici per supportare equipaggi, lanci di missioni robotiche preparatorie e il miglioramento delle comunicazioni tra la Terra e il pianeta rosso. Tuttavia, questa scelta non è unanime: Kevin McGill del Jet Propulsion Laboratory ha espresso il proprio disappunto, definendo “irrealizzabile l’obiettivo di una missione umana su Marte entro tempi e costi ragionevoli”.
Questa riorganizzazione delle priorità scientifiche si inserisce in un contesto più ampio di tagli e ristrutturazioni nel settore della ricerca negli Stati Uniti, iniziati con la prima amministrazione Trump e proseguiti anche dopo il suo ritorno alla Casa Bianca nel 2025. Tali politiche hanno suscitato timori per gli effetti a lungo termine sulla scienza e la tecnologia negli Stati Uniti, con potenziali ripercussioni globali.