Continua il dibattito sul fine vita in Italia. Il Movimento 5 Stelle difende la legge in Toscana e sottolinea la necessità di una norma nazionale
La morte assistita di Daniele Pieroni, avvenuta il 17 maggio scorso in Toscana, riaccende il dibattito sul fine vita e sulla necessità di una legge nazionale che regoli in modo uniforme questa delicata materia. Daniele Pieroni, scrittore e musicista di 64 anni affetto da Parkinson dal 2008, ha potuto scegliere di porre fine alla propria vita grazie alla legge regionale toscana, la prima in Italia a regolamentare il suicidio medicalmente assistito. Tuttavia, questa normativa è stata impugnata dal Governo, che ha sollevato questioni di legittimità costituzionale.
La legge toscana sul fine vita: un modello umano e costituzionale
Irene Galletti, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale della Toscana, ha commentato il caso sottolineando che “la legge toscana sul fine vita è uno strumento giusto, umano e conforme ai principi costituzionali”. Galletti ha definito la decisione del Governo di impugnare la legge come “ideologica e priva di fondamento giuridico”, ribadendo la necessità di difenderla fino all’approvazione di una norma nazionale che garantisca a tutti i cittadini il diritto a una morte dignitosa in modo uniforme su tutto il territorio italiano. La consigliera ha inoltre espresso solidarietà a Marco Cappato e a Felicetta Maltese, protagonisti dell’impegno civile per i diritti sul fine vita.
La legge toscana, approvata nel febbraio 2025, fissa tempi certi per la verifica dei requisiti del malato, prevedendo che la commissione regionale debba rispondere entro 20 giorni dalla richiesta, seguita da ulteriori scadenze precise per l’attuazione della procedura. La normativa assicura inoltre che le prestazioni per il suicidio assistito siano gratuite e prevede un finanziamento di 10mila euro annui per tre anni a supporto delle aziende sanitarie.
La necessità di una legge nazionale e il contesto italiano
In assenza di una legge nazionale sul fine vita, la Toscana ha colmato un vuoto legislativo importante, ma la questione rimane aperta a livello politico e giuridico. La Corte Costituzionale, con la sentenza 242/2019, ha stabilito i criteri per il suicidio assistito, invitando il Parlamento a legiferare in materia. Tuttavia, il Parlamento italiano ha finora proceduto a rilento, lasciando spazio a normative regionali che rischiano di creare disomogeneità.
Il primo caso di suicidio assistito in Toscana dopo l’approvazione della legge regionale, quello di Pieroni, è emblematico della complessità del tema: l’uomo, costretto a vivere con una Peg attiva 21 ore al giorno a causa di una grave disfagia, ha scelto di mettere fine alla propria sofferenza con lucidità e serenità, grazie all’assistenza sanitaria prevista dalla legge regionale. La vicenda ha suscitato reazioni da più parti, con il presidente della Toscana Eugenio Giani che ha sottolineato come questa normativa rappresenti un segnale forte e un passo verso una legge nazionale che tuteli il diritto alla dignità nella morte.
In Italia, il dibattito sul fine vita è accompagnato da un cambiamento culturale: secondo il Censis, nel 2023 il 74% degli italiani si dichiarava favorevole all’eutanasia e cresce il numero di persone che cercano informazioni sui diritti nel fine vita. Tuttavia, persistono tensioni etiche e politiche, con opposizioni che ritengono la materia non di competenza regionale e temono che si possa inviare un messaggio contro la sacralità della vita.
Il caso Pieroni e la legge toscana rappresentano dunque un momento cruciale in un percorso legislativo ancora aperto, che richiede equilibrio fra diritto individuale, valori etici e legislazione nazionale.