Londra, 15 maggio – L’obiettivo è garantire rimpatri efficaci, ispirandosi al modello italiano. Starmer annuncia un piano per ridurre i flussi migratori, suscitando critiche da parte di ong e attivisti per i diritti umani
Nel corso di un recente incontro, il primo ministro britannico Keir Starmer e il premier albanese Edi Rama hanno discusso la possibilità di creare dei centri di rimpatrio per parte dei migranti che arrivano nel Regno Unito. Durante la sua visita a Tirana, Starmer ha confermato che il governo britannico sta esplorando collaborazioni con vari Paesi per garantire un rimpatrio efficace, sebbene non siano stati forniti dettagli specifici sui Paesi coinvolti. Questa iniziativa si inserisce in un contesto politico significativo, in vista di un vertice della Comunità Politica Europea.
Collaborazione con l’Albania
Starmer ha descritto l’Albania come un partner affidabile per la gestione dei flussi migratori, sottolineando l’interesse per il modello dei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) già attivi nel Paese. Questi centri sono stati realizzati in collaborazione con l’Italia e il governo di Giorgia Meloni, evidenziando un crescente legame tra il Regno Unito e l’Albania nel contesto della politica migratoria.
Un giro di vite post-Brexit
Durante la visita, Starmer ha ribadito la sua posizione ferma sull’immigrazione, proponendo un piano per un giro di vite sui confini britannici. Il suo obiettivo è quello di ridurre drasticamente sia i flussi migratori illegali che quelli legali, per evitare che la Gran Bretagna diventi “un’isola di stranieri”. Questa retorica ha suscitato reazioni contrastanti nel panorama politico britannico.
Reazioni contrastanti
Da una parte, Nigel Farage ha elogiato l’approccio di Starmer, suggerendo di dichiarare un’emergenza nazionale simile a quella proclamata da Donald Trump negli Stati Uniti. Dall’altra parte, organizzazioni non governative e attivisti dei diritti umani hanno criticato le dichiarazioni del leader laburista, paragonandole a quelle di Enoch Powell, noto per le sue posizioni xenofobe negli anni ’60.