Il Sud Sudan è sempre più stretto nella morsa di una crisi umanitaria senza precedenti. Nel 2025, circa 300.000 persone hanno dovuto lasciare il Paese, travolte dagli scontri tra le fazioni del presidente Salva Kiir Mayardit e del Primo Vicepresidente sospeso, Riek Machar. La Commissione ONU per i Diritti Umani in Sudan del Sud ha lanciato un allarme pesante: il rischio di una guerra civile di vasta portata è più che concreto.
Cosa c’è dietro la guerra in Sud Sudan
Da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 2011, il Sudan del Sud non è mai riuscito a trovare pace. Instabilità politica e violenze etniche hanno fatto saltare ogni tentativo di stabilità. Al centro di tutto c’è la faida tra Salva Kiir, presidente dal 2011 e leader del Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan (SPLM), e Riek Machar, suo ex vice e capo dell’opposizione. Dopo un accordo di condivisione del potere firmato nel 2017, ormai ridotto a pezzi, la situazione è precipitata: Machar è stato sospeso a ottobre e messo agli arresti domiciliari a marzo. Le accuse contro di lui – tradimento e crimini contro l’umanità – sono state bollate come una “caccia alle streghe politica” dallo stesso Machar.
Le ultime violenze, soprattutto a Nasir, nel nord-est, hanno lasciato decine di morti e costretto oltre 80.000 persone a spostarsi all’interno del Paese. Ma la fuga non si ferma qui: quasi 150.000 rifugiati sono arrivati in Sudan, già devastato da una guerra civile, mentre un numero simile ha trovato rifugio in Uganda, Etiopia e Kenya. In totale, oltre 2,5 milioni di sudsudanesi sono ora rifugiati nella regione, mentre due milioni restano sfollati interni.
ONU accusa: corruzione e incapacità dietro la tragedia
Il rapporto della Commissione ONU dipinge un quadro drammatico. La crisi nasce anche dall’“incapacità dei leader” e dalla corruzione che dilaga ovunque. Il Commissario Barney Afako non usa mezzi termini: “Questa crisi è il risultato di scelte fatte da leader che mettono i propri interessi davanti a quelli della gente”. Soldi pubblici, tra cui 1,7 miliardi di dollari destinati a strade e infrastrutture dal petrolio, spariscono senza traccia, mentre tre quarti della popolazione soffrono la fame.
La Commissione avverte che senza un intervento rapido e coordinato da parte della comunità regionale e internazionale, la situazione può solo peggiorare. La popolazione guarda con speranza all’Unione Africana e ai Paesi vicini, sperando che fermino l’escalation.





