L’Anci richiede criteri chiari per le concessioni balneari, ferme in Italia, dove solo 30 Comuni hanno avviato procedure. Il governo proroga le concessioni fino al 2027, ma cresce l’inquietudine tra gli operatori. Assobalneari denuncia holding opportuniste che minacciano le aziende locali
Il tema delle concessioni balneari in Italia è al centro di un acceso dibattito, evidenziando una situazione di grande incertezza normativa e di difficoltà per le amministrazioni locali. A maggio 2025, i Comuni che hanno avviato le procedure per le concessioni balneari sono soltanto 30, un numero esiguo che mette in luce le complicazioni legate alla liberalizzazione del settore. La situazione attuale riflette una realtà ben lontana dalla tanto attesa riforma, con le aspettative delle amministrazioni locali che si scontrano con le storiche pratiche di gestione delle spiagge.
La distribuzione dei Comuni coinvolti
I Comuni coinvolti nelle procedure per le concessioni balneari si trovano in alcune delle regioni più turistiche d’Italia. Tra questi, spiccano Chioggia in Veneto, Ravenna, Cervia e Misano Adriatico in Emilia-Romagna, Imperia, Chiavari e Lavagna in Liguria, e diverse località in Toscana come Camaiore, Forte dei Marmi, Pietrasanta, Viareggio, Carrara e Grosseto. Anche l’Abruzzo ha alcune località coinvolte, come Pescara, Fossacesia e Vasto, mentre nel Lazio troviamo Fiumicino, Formia, Gaeta e Ostia. In Campania, le concessioni riguardano Camerota, Minori, Sapri e Pontecagnano Faiano, e in Puglia l’unico comune coinvolto è Ginosa.
Cosa sono le concessioni balneari?
Le concessioni balneari sono autorizzazioni rilasciate da enti pubblici, come Regioni, Province e Comuni, che permettono l’uso di aree demaniali marittime per scopi turistico-ricreativi. Questi diritti non sono perpetui, ma regolati da contratti a tempo determinato, soggetti a condizioni specifiche. Il problema principale in Italia deriva dalla direttiva Bolkestein, introdotta nel 2006 dall’Unione Europea, che mira a liberalizzare il mercato dei servizi, imponendo che le concessioni su beni pubblici, come le spiagge, siano assegnate tramite gare pubbliche. Questo approccio dovrebbe garantire trasparenza e concorrenza, evitando il rinnovo automatico delle concessioni esistenti.
Le sfide attuali e le prospettive future
Negli ultimi anni, la situazione in Italia è stata caratterizzata da continui rinvii nell’applicazione della direttiva, consentendo ai concessionari attuali di mantenere il controllo delle spiagge senza dover partecipare a bandi pubblici. Molti dei canoni versati sono irrisori rispetto ai profitti generati, con alcuni concessionari che pagano solo poche centinaia di euro all’anno per ampie porzioni di costa. L’apertura del mercato attraverso gare pubbliche potrebbe portare a significativi benefici, come nuovi investimenti e un miglioramento della qualità dei servizi, oltre a un incremento delle entrate per lo Stato.
Tuttavia, gli attuali concessionari, molti dei quali operano da generazioni, percepiscono questa riforma come una minaccia ai loro interessi. A settembre 2024, un decreto del governo ha cercato di affrontare questa situazione, proponendo una durata delle nuove concessioni che va da 5 a 20 anni e prorogando le concessioni attuali fino al 30 settembre 2027. Tuttavia, il decreto lascia aperta la possibilità di ulteriori proroghe, creando incertezze per le amministrazioni locali.
In questo contesto, la situazione delle concessioni balneari continua a rappresentare una questione controversa, con ripercussioni significative per l’economia turistica italiana e per le comunità locali che dipendono da un settore così vitale. La mancanza di indicazioni chiare e di un quadro normativo stabile continua a ostacolare le amministrazioni locali nella riscossione dei canoni dovuti, creando un clima di preoccupazione e incertezza per il futuro delle spiagge italiane.