La Commissione europea prevede un rallentamento della crescita salariale in Italia nel 2026, a causa di una bassa inflazione e della necessità di mantenere la competitività
Secondo le recenti previsioni della Commissione europea, la crescita salariale in Italia è destinata a subire un rallentamento sia nel 2025 che nel 2026. Questo fenomeno è attribuito a una bassa inflazione e all’esigenza di mantenere la competitività in un mercato sempre più complesso. Nel dettaglio, l’aumento della retribuzione unitaria dei dipendenti è previsto al 3,4% per quest’anno, con una proiezione che scende al 2,5% per il 2026.
Andamento dei salari negli anni precedenti
Negli anni precedenti, l’andamento dei salari aveva mostrato una certa vivacità: nel 2024, l’incremento era stato del 3,4%, mentre nel 2023 e nel 2022 si erano registrati aumenti rispettivamente del 2,9% e del 3,7%. Il picco si era toccato nel 2021, con un sorprendente 6,8%. Tuttavia, il contesto attuale impone una riflessione più profonda sulla sostenibilità di questo trend, soprattutto in un momento di difficoltà economica e di incertezze geopolitiche.
Il potere d’acquisto dei lavoratori italiani
Un funzionario dell’Unione europea ha sottolineato che, sebbene i salari nominali continueranno a salire, il ritmo di crescita sarà notevolmente più lento rispetto ai due anni precedenti. In termini reali, il potere d’acquisto dei lavoratori italiani non ha ancora recuperato le perdite inflazionistiche accumulate negli anni passati. Fortunatamente, la previsione è che ci sia un recupero del potere d’acquisto nel corso di quest’anno, grazie anche alla diminuzione dell’inflazione che ha caratterizzato il mercato.
Il sistema contrattuale italiano
Un altro aspetto da considerare è il sistema contrattuale italiano, che prevede il rinnovo dei contratti ogni tre anni. Questo meccanismo introduce un ritardo nel modo in cui vengono calcolati gli stipendi, influenzando così le dinamiche retributive. La combinazione di questi fattori rende la situazione salariale in Italia particolarmente complessa, evidenziando la necessità di una riflessione sulle politiche salariali future e sulla loro capacità di rispondere alle sfide economiche emergenti.