Quando un’inchiesta penale viene inquinata dall’interno, la legge italiana prevede uno strumento severo per difendere la verità processuale: l’articolo 375 del codice penale, che regola la “Frode in processo penale e depistaggio”. Il cuore della norma è semplice ma incisivo: punire i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che, sfruttando la propria posizione, alterano o occultano prove per ostacolare un’indagine o un processo.
Da tre a otto anni per chi intralcia la giustizia
La cornice edittale di base – reclusione da tre a otto anni – scatta quando l’autore, “al fine di impedire, ostacolare o sviare” un procedimento, compie una di queste condotte:
- Manipolazione di prove – modifica artificiosamente il corpo del reato o lo stato di luoghi, cose o persone legati all’illecito;
- False dichiarazioni – chiamato da magistratura o polizia giudiziaria, afferma il falso, omette la verità o tace (in tutto o in parte) quanto sa sui fatti.
Le aggravanti: documenti distrutti o reati “speciali”
Se il depistaggio passa attraverso distruzione, soppressione, occultamento o danneggiamento di documenti e oggetti destinati a diventare prova, la pena cresce “da un terzo alla metà”. Diventa ancora più dura – tra i sei e i dodici anni – quando il reato si intreccia con procedimenti su terrorismo, eversione, mafia, traffico di armi o materiale nucleare, chimico o biologico: in pratica, i delitti elencati dall’art. 51 c. 3-bis del codice di procedura penale, spesso gestiti dalle Direzioni Distrettuali Antimafia e Antiterrorismo.
La “premialità” per chi rimedia
Non si tratta solo di colpire; l’articolo 375 premia anche la collaborazione: chi si adopera per ripristinare lo stato originario di luoghi, cose o prove o aiuta concretamente gli investigatori a ricostruire i fatti e a individuare i responsabili vede la pena ridotta «dalla metà a due terzi».
Sanzioni accessorie e limiti alle attenuanti
Una condanna superiore a tre anni comporta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Inoltre, le attenuanti “ordinarie” non possono prevalere sulle aggravanti previste dal secondo e terzo comma: prima si applicano gli aumenti di pena, poi – solo sulla pena già aumentata – si calcolano eventuali diminuzioni.
Ufficio cessato? Responsabilità intatta
La tutela della genuinità processuale non si interrompe con la carriera: la sanzione si applica anche a chi ha già lasciato l’ufficio o il servizio al momento del fatto. Restano fuori, invece, i casi perseguibili solo a querela, richiesta o istanza non presentate.
Estensione alla Corte penale internazionale
L’ultima novità, di particolare rilievo nel contesto globale, estende la disciplina ai procedimenti della Corte penale internazionale per i crimini contemplati dallo Statuto di Roma: un segnale che il legislatore italiano vuole chiudere ogni varco alla manipolazione di prove, anche quando l’arena giudiziaria supera i confini nazionali.
Perché l’articolo 375 del codice penale è importante?
Dalle indagini sulle stragi mafiose alle inchieste sui grandi disastri ambientali, l’articolo 375 funge da “sentinella” della trasparenza giudiziaria. Non riguarda il cittadino comune, ma proprio coloro che – per ruolo – dovrebbero garantire la correttezza del procedimento penale. Ecco perché il legislatore ha scelto sanzioni robuste, premi di pentimento calibrati e un sistema di aggravanti che cresce con la gravità dei reati coinvolti. In una parola: difendere la prova significa difendere la verità.