Il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato la decisione della Commissione Europea che aveva negato l’accesso a una giornalista del New York Times ai messaggi di testo tra la presidente Ursula von der Leyen e il CEO di Pfizer, Albert Bourla
Il recente intervento del Tribunale dell’Unione Europea ha sollevato un’importante questione sulla trasparenza nelle trattative sui vaccini anti-Covid. Con la sentenza emessa il 14 maggio, è stata annullata la decisione della Commissione europea, che aveva negato l’accesso ai messaggi di testo tra la presidente Ursula von der Leyen e Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer. Questo episodio, noto come “Pfizergate”, ha messo in evidenza la necessità di una gestione più aperta della comunicazione nelle decisioni cruciali che riguardano la salute pubblica in Europa.
La libertà di informazione
Il ricorso presentato dal New York Times ha acceso i riflettori sulla libertà di informazione e sul diritto dei cittadini di accedere a documenti relativi a decisioni fondamentali. La Commissione aveva giustificato il rifiuto di divulgare i messaggi, sostenendo che potesse esserci un rischio per i diritti commerciali di Pfizer e per la privacy delle parti coinvolte. Tuttavia, il Tribunale ha stabilito che l’interesse pubblico alla trasparenza prevale su tali preoccupazioni, segnando un passo importante verso una maggiore responsabilità.
Implicazioni per la Commissione UE
Questa sentenza non è solo una vittoria per il New York Times, ma solleva interrogativi cruciali sulla gestione delle informazioni da parte della Commissione. I messaggi tra von der Leyen e Bourla potrebbero contenere dettagli significativi sulle trattative per l’acquisto di milioni di dosi di vaccino, un accordo che ha suscitato polemiche riguardo all’efficienza e all’equità del processo di approvvigionamento. In un contesto in cui la trasparenza è diventata un tema centrale, le istituzioni europee devono affrontare una crescente domanda di responsabilità.
La richiesta di trasparenza
La questione è emersa dopo che il New York Times, tramite la giornalista Matina Stevi, ha richiesto l’accesso a messaggi di testo scambiati tra von der Leyen e Bourla tra gennaio 2021 e maggio 2022. Questi scambi potrebbero rivelare informazioni significative riguardo alla negoziazione e all’approvvigionamento dei vaccini anti-Covid da parte dell’Unione Europea. Nella sua decisione, il Tribunale ha evidenziato che, in linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni europee devono essere accessibili al pubblico. Le affermazioni di Bruxelles sulla presunta inesistenza dei messaggi sono state giudicate come basate su “ipotesi” e su informazioni “mutevoli o imprecise”.
Prove e trasparenza
I giudici hanno sottolineato come Stevi e il New York Times abbiano presentato prove “pertinenti e concordanti” che attestano l’esistenza di tali comunicazioni, superando così la presunzione di inesistenza. Secondo il Tribunale, non basta per la Commissione dichiarare di non possedere i documenti; è necessario fornire spiegazioni dettagliate e credibili su come sia stata condotta la ricerca, sul luogo delle indagini e sul destino degli sms. Questo aspetto è particolarmente critico poiché i messaggi in questione potrebbero contenere informazioni cruciali relative a uno dei contratti di vaccini più significativi mai siglati dall’Unione.
La necessità di rivedere le politiche
Con questa sentenza, la Commissione europea è ora chiamata a rivedere la propria posizione sulla trasparenza. Si prevede un aumento delle richieste di accesso a documenti e comunicazioni che riguardano decisioni cruciali per la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini. La questione va oltre il “Pfizergate”; rappresenta un campanello d’allarme sulla necessità di garantire un accesso equo alle informazioni fondamentali e sulla gestione della comunicazione in situazioni di emergenza.