L’IA sta entrando a pieno titolo anche nella Pubblica Amministrazione italiana, promettendo di rivoluzionare procedure, servizi e competenze. Ma quali saranno gli effetti reali di questa trasformazione? Ne abbiamo parlato con Marco Carlomagno, Segretario generale della Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche (FLP), che invita a guardare al futuro senza timori ma con visione strategica, formazione e investimenti mirati. Ecco le sue parole in esclusiva per noi.
L’avvento dell’IA: una rivoluzione senza precedenti per la PA
Partiamo con una domanda chiave: qual è il ruolo dell’Intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione? “L’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenta una delle trasformazioni più profonde che la Pubblica Amministrazione si trovi ad affrontare nel XXI secolo – risponde Carlomagno –. Automazione dei processi, analisi predittiva dei dati, assistenti virtuali e algoritmi decisionali cambieranno radicalmente organizzazione del lavoro, profili professionali, modalità di erogazione dei servizi e, di conseguenza, il ruolo stesso del lavoro pubblico”.
Il Segretario generale della FLP sottolinea come le tecnologie intelligenti possano già oggi alleggerire il peso delle attività burocratiche più ripetitive. “Pensiamo ad esempio alle attività amministrative: protocolli, gestione documentale, risposte a richieste standard. Molte di queste mansioni possono essere automatizzate con chatbot e sistemi intelligenti di gestione dei documenti, riducendo i carichi di lavoro e la necessità di personale dedicato a queste funzioni.”

Al tempo stesso, però, l’innovazione tecnologica richiede nuove competenze. “I dipendenti dovranno sviluppare competenze digitali e di gestione dei dati: serviranno analisti, sviluppatori, esperti di cybersecurity ed etica dell’IA.” Per Carlomagno, questo significa aggiornare i profili professionali, valorizzando “competenze giuridiche, economiche, statistiche e ispettive” e inserendo l’IA tra le materie dei prossimi contratti collettivi.
“È il momento di liberarsi di ordinamenti arcaici e modelli organizzativi superati, rendendo la PA più attrattiva per giovani e nuove professionalità”, aggiunge. “Con nuove modalità di lavoro che coniughino digitalizzazione, innovazione e creatività, e che utilizzino pienamente flessibilità oraria e lavoro da remoto.”
Carlomagno rassicura: “Nessun rischio immediato per l’occupazione”
A chi teme un impatto negativo sui posti di lavoro, Carlomagno risponde con chiarezza: “Non condivido la narrazione catastrofista. L’IA nel lavoro pubblico è ancora agli inizi e non ha un impatto massivo. Anzi, partiamo da un dato: i dipendenti pubblici italiani sono oggi in numero molto inferiore rispetto agli altri Paesi europei. Mediamente abbiamo una carenza del 30% sugli organici previsti, con punte fino al 50%.”
Una situazione aggravata da un’età media elevata, “circa 50 anni, frutto di vent’anni di blocco delle assunzioni”. Per questo, spiega, “anche con una forte accelerazione, non ci sarà un effetto immediato sull’occupazione. Piuttosto, l’impatto si vedrà sulle politiche di reclutamento.”
“L’IA può, come già accade in INPS con la gestione massiva delle email, liberare personale da attività ripetitive, permettendogli di dedicarsi a compiti a maggiore valore aggiunto. Il vero discrimine sarà l’organizzazione del lavoro: come gestire processi, programmare attività, pianificare assunzioni. E soprattutto investire in formazione.”
Le prime ricerche, conclude, mostrano che “il personale percepisce positivamente l’uso dell’IA: un alleato per risparmiare tempo, modificare mansioni e rendere il lavoro più proficuo.”
Le sfide della digitalizzazione
Per Carlomagno, l’Italia deve muoversi rapidamente per non restare indietro. “Il rischio è che le innovazioni arrivino negli uffici pubblici tardi e male. Per evitarlo serve agire subito, attivando sinergie organizzative, procedurali, tecnologiche e professionali che permettano un uso davvero proficuo di questa opportunità.”
Secondo il Segretario FLP “l’IA non può restare materia riservata ai tecnici: deve permeare l’intera attività delle amministrazioni”. La digitalizzazione, già in corso, “ha modificato processi e rapporti con cittadini e imprese”. Ora serve “un investimento deciso in tre direzioni: digitalizzazione dei processi, formazione integrata, reclutamento di personale specializzato”.
“Le potenzialità dell’IA nella PA sono enormi, ma dobbiamo affrontarne anche le implicazioni etiche, legali e regolatorie, ancora in gran parte da definire a livello nazionale e internazionale. È una sfida che dobbiamo accettare, per non condannare la PA a restare fanalino di coda dell’innovazione.”
L’IA nella Pubblica Amministrazione: “Un nuovo rapporto tra cittadini e istituzioni”
Per Carlomagno, l’introduzione dell’IA nella macchina amministrativa cambierà profondamente il modo in cui i cittadini si relazionano con lo Stato. “L’introduzione dell’IA nei processi amministrativi pubblici apre le porte a una profonda rivisitazione del rapporto tra cittadini e istituzioni, che dovrà bilanciare miglioramento dei servizi e tutela dei diritti fondamentali.”
“L’obiettivo è chiaro: servizi disponibili h24, accesso semplificato senza la necessità di sportelli fisici o intermediazioni costose, banche dati interconnesse che evitino duplicazioni e burocrazia inutile.”

L’IA, prosegue, potrà portare benefici concreti: “In sanità può analizzare dati clinici e offrire terapie personalizzate; nella protezione civile può individuare rischi ambientali e prevenirne gli effetti; nella sicurezza sul lavoro può rafforzare le strategie di prevenzione.”
Ma resta fondamentale una condizione: “Servono trasparenza e interpretabilità dei modelli di IA, per garantire responsabilità e rendicontabilità delle decisioni. I cittadini devono poter capire e verificare le decisioni prese dalle macchine. Solo così si tutela la fiducia pubblica.”
L’implementazione dell’IA nella Pubblica Amministrazione: i prossimi obiettivi
Guardando al futuro, Carlomagno invita a una pianificazione di lungo periodo. “Negli ultimi decenni le amministrazioni hanno progressivamente abbandonato la costruzione di propri sistemi informativi, esternalizzando gestione dei dati e processi. Questo ha comportato costi molto più alti rispetto a un investimento in risorse interne. Non sarà semplice invertire la rotta: occorreranno fasi graduali, in cui coesisteranno interno ed esterno.”
“Ciò che non possiamo permetterci – continua – è che l’IA diventi l’ennesimo fronte burocratico che ci allontana dall’obiettivo della sovranità digitale. È necessario riflettere su come coordinare questa transizione, oggi frammentata tra incarichi politici, AgID e singole amministrazioni.”
E conclude: “Priorità assoluta saranno gli investimenti infrastrutturali, a partire dal rafforzamento e dalla diffusione della banda larga in tutte le aree del Paese. Il PNRR ha avviato un percorso importante, ma ancora insufficiente.”






