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ESCLUSIVA – “Definisci bambino”: l’intervista di Eyal Mizrahi a Newzgen

Eyal Mizrahi, salito agli onori della cronaca per la lite con Enzo Iacchetti, è intervenuto in diretta a Newzgen: le sue parole

by Federico Liberi
24 Settembre 2025
Eyal Mizrahi intervistato da Andrea e Alessandra nel corso della trasmissione Newzgen in onda sul canale Twitch e YouTube di alanews

Newzgen.it

Eyal Mizrahi, nato ad Haifa ma da tempo residente a Milano, è una voce che negli ultimi giorni ha ricevuto diverse critiche nel dibattito pubblico sul Medio Oriente. Laureato in Medicina Veterinaria all’Università Statale di Milano e con una lunga esperienza professionale nel marketing e nelle vendite, Mizrahi è da anni impegnato anche sul fronte associativo: guida l’associazione Amici di Israele e il movimento sionista Over the Rainbow. Il suo nome è recentemente balzato alle cronache nazionali dopo il duro confronto televisivo con Enzo Iacchetti a Cartabianca, il talk show di Bianca Berlinguer su Rete 4, incentrato sulla guerra a Gaza. Ecco le sue parole in esclusiva a Newzgen, la trasmissione prodotta da Alanews che va in onda dal lunedì al venerdì dalle 14:30 alle 16.

Eyal Mizrahi a Newzgen: la lite con Iacchetti e la crisi a Gaza

“Non cercavo notorietà – così ha esordito a Newzgen Wyal Mizrahi, spiegando le ragioni della sua partecipazione a Cartabianca –. Quando Bianca Berlinguer mi ha invitato sapevo di entrare nella ‘gabbia del leone’. Ci sono andato per portare avanti le ragioni di Israele”.

Sul battibecco in diretta con Iacchetti, ha chiarito: “Io non credo che la colpa sia sua. Il giorno dopo, infatti, ha pubblicato un video spiegando che, già al momento dell’invito, aveva espresso timori su un possibile confronto con qualcuno più preparato di lui. Bianca Berlinguer, però, avendo saputo che non condivido la linea di Netanyahu, forse ha pensato che fossi contro Israele e lo ha rassicurato che sarebbe stato un dialogo ‘tra amici’. In realtà, in diretta, Iacchetti si è trovato davanti a una persona che non la pensava come lui, e questo lo ha messo in difficoltà. Io, al contrario, ho cercato di mantenere la calma e di esporre soltanto le mie ragioni”.

La guerra a Gaza e la critica alla propaganda

Passando poi alla guerra a Gaza, Mizrahi ha dichiarato che, secondo, lui la percezione occidentale del conflitto è filtrata da “un apparato di propaganda ben oliato”. “Tutto quello che arriva da Gaza passa da Hamas o da Al Jazeera – ha continuato –. Io cerco di analizzare i fatti su più fonti. La guerra ha generato una crisi umanitaria, come accade sempre in tutti i conflitti, ma la narrazione è distorta”.

Alla domanda su quale sia la vera natura del conflitto, Mizrahi non ha dubbi: “Non è la lotta di un popolo per uno Stato contro chi non vuole concederlo. È un conflitto religioso. I musulmani non accettano la presenza di uno Stato ebraico in Medio Oriente. Se Israele avesse voluto un genocidio, lo avrebbe compiuto in due giorni. Se avesse voluto farlo non avrebbe mai detto alle persone di scappare prima dei bombardamenti”.

Il 7 ottobre e le responsabilità di Hamas

Mizrahi, poi, ha definito l’attacco del 7 ottobre “un attacco a tradimento come Pearl Harbor o l’11 settembre”, dichiarando che Israele non ha mai cercato la guerra, ma che è stata costretta ad entrarci. “La guerra con Hamas (inteso come esercito, ndr) è finita da almeno un anno e mezzo”, ha poi spiegato, “ma l’organizzazione ha ancora 48 ostaggi e non ha deposto le armi. Gli attacchi a Gaza continuano perché, senza una soluzione definitiva, non cambierebbe nulla. Hamas tra 5 o 6 avrebbe attaccato nuovamente e il problema non sarebbe stato risolto”.

Secondo lui, inoltre, la comunicazione internazionale contribuisce alla resistenza di Hamas. “Uno dei motivi per cui la guerra non è ancora finita sono i mass media e le manifestazioni come quelle di ieri e molto altro che fanno credere ad Hamas di aver vinto” ha suggerito . “Ad Hamas non frega niente se muoiono tutti gli abitanti di Gaza”.

La situazione politica interna israeliana

Sul fronte interno, Mizrahi non ha risparmiato critiche ad alcuni membri del governo, soprattutto a chi, come Smotrich e Ben Gvir, ha una visione estremista su Gaza. Sulle parole di Smotrich – ministro della Difesa israeliano – che ha definito Gaza ‘Una Eldorado immobiliare’, ad esempio, ha dichiarato: “Smotrich è un pagliaccio. Secondo i sondaggi lui ha perso talmente tanti voti che, se si votasse oggi, non arriverebbe in Parlamento. Quello che dice non conta niente per nessuno“. E su Ben Gvir, invece, ha detto: “Anche lui è un pagliaccio, ma lui, purtroppo, ha più seguito”.

“Israele è uscita da Gaza nel 2005 – ha aggiunto alla sua asserzione –. Se Israele avesse voluto tenerla lo avrebbe fatto 20 anni fa. Israele non se ne fa nulla di Gaza. Tutto un altro discorso è la Cisgiordania, ma Gaza gli israeliani stanno cercando di darla all’Egitto, che non vuole saperne niente”.

Sulla questione dei territori palestinesi, ha ribadito una linea precisa: “Non è mai esistito uno Stato palestinese. Se Israele decidesse di annettere quelle terre commetterebbe il più grande errore della sua storia. Il governo non vuole farlo, ma alcune frange di estrema destra legate ai coloni ci spingono. Sono una minoranza, molto rumorosa ma limitata. Israele avrebbe la forza per farlo, ma non ne ha l’intenzione”.

L’assedio di Gaza

Alla domanda sui controlli all’interno della Striscia e sull’assedio da parte di Israele, Mizrahi ha ricordato: “Gaza ha quattro confini: due con Israele, uno con l’Egitto e uno con il mare. Se parliamo di assedio, va detto che anche l’Egitto tiene chiuso il confine. La storia è questa: attentati, razzi, attacchi terroristici hanno portato Israele a chiudere prima con recinzioni e poi con il muro. Israele non vuole rinchiudere i palestinesi, ma proteggere la propria popolazione”.

I rapporti con i palestinesi e la necessità di Israele di non “mostrarsi debole”

Ma quale futuro sta scrivendo Israele e che prospettive si aprono per il Medio Oriente? Mizrahi non ha esitato a rispondere, soffermandosi anche sul rapporto con i palestinesi. “Il problema principale – ha spiegato – è che i palestinesi non possono esporsi liberamente né dire ciò che pensano della guerra, perché rischierebbero la vita. Eppure, qualcosa sta cambiando: sempre più persone iniziano a perdere la paura verso Hamas e ad ammettere che la colpa non è di Israele”.

Per Mizrahi, la logica che domina la regione è spietata: “Il Medio Oriente è una terra di lupi: se ti mostri debole, ti saltano alla gola. Dopo il 7 ottobre Israele ha scelto di non apparire vulnerabile, perché in caso contrario si sarebbero mossi tutti insieme, Iran, Libano, Siria e molti altri”.

Secondo lui, però, la situazione sta evolvendo: “L’Iran oggi si è scoperto vulnerabile, in Libano si stanno affrontando i problemi legati a Hezbollah e in Siria si discute persino di possibili accordi con Israele. Anche i palestinesi, a poco a poco, stanno prendendo coscienza del danno che hanno subito e sembrano pronti ad aprire un dialogo di pace”.

Le accuse di genocidio e la questione “Definisci bambino”: le parole di Eyal Mizrahi

Sulle accuse di genocidio, Mizrahi ha risposto: “Nella Striscia i morti reali sono 20-25 mila. Il resto è propaganda. Nei conflitti passati, dalla guerra all’ISIS alla Jugoslavia, credete che il rapporto morti civili/combattenti sia stato migliore? Israele ha posto più attenzione ai civili di quanto sia stato fatto in altri conflitti”.

Sulla controversa frase “Definisci bambino”, che ha fatto indignare e non poco l’opinione pubblica, ha chiarito: “Era l’inizio di un ragionamento interrotto. Per noi un bambino è un individuo di 8 o 10 anni, per l’ONU lo è fino ai 18. Hamas, inoltre, arruola ragazzi dai 14 anni, a volte dai 12. Io piango per tutti i bambini morti, ma è importante che la gente sappia i numeri giusti. Lo stesso vale per i morti totali. Nessuno sa quanti di questi siano combattenti di Hamas perché i mass media non fanno distinzione”.

Di fronte a chi gli contesta che i bambini-soldato crescono in un contesto di segregazione e apartheid, e che alla violenza non si può rispondere con altra violenza se si vuole spezzare il ciclo dei conflitti, Mizrahi replica con fermezza: “A Gaza la condizione non è quella che viene raccontata. In Israele esistono tre o quattro partiti arabi, molti medici, studenti e professori sono arabi. Israele ha sempre e solo reagito agli attacchi provenienti da Gaza. Oggi continua a combattere soltanto perché Hamas tiene ancora in ostaggio dei civili. Quando quegli ostaggi saranno liberati e Hamas deporrà le armi, la guerra finirà”.

E a chi gli fa notare che i bambini cresciuti in simili contesti difficilmente possono emanciparsi dall’ideologia di Hamas, Mizrahi contrappone l’esempio israeliano: “Da vent’anni i bambini che vivono vicino a Gaza subiscono bombardamenti quotidiani, eppure non vengono cresciuti con l’odio. Non prendono in mano un fucile per andare a uccidere i palestinesi. La guerra si combatte per vincerla, e se il nemico si nasconde tra i civili, tu fai di tutto per ridurre le vittime innocenti, ma non sempre è possibile. In Italia vivete da ottant’anni senza guerra: forse non ricordate cosa significa. Guardate l’Ucraina, lì accade la stessa cosa”.

Sul modo in cui vengono educati i bambini israeliani aggiunge: “Crescono in un clima segnato dalla paura, perché sanno che ci sono persone che vogliono ucciderli. Israele è sotto assedio da anni, circondato da Stati che sognano un genocidio. Eppure, i bambini israeliani non vengono educati all’odio verso gli altri. Per noi ogni bambino rapito o ucciso è come se fosse nostro figlio. È per questo che la questione degli ostaggi ci sta tanto a cuore. Se non proteggiamo i nostri bambini, non resterà nessuno. Noi viviamo nei rifugi”.

Quanto ai video che mostrano bambini innocenti morti, Mizrahi ha parlato senza mezzi termini di disinformazione: “L’80 o 90% di quello che circola sui social è falso”.

I limiti della stampa a Gaza e gli attacchi agli ospedali

Alla critica sul blocco dell’informazione nella Striscia, Mizrahi ribatte accusando Hamas di esercitare un controllo feroce sui reporter: “Chiunque lavori a Gaza senza obbedire alle direttive di Hamas viene espulso, se gli va bene, o ammazzato. A loro non importa nulla delle convenzioni internazionali. Per questo i giornalisti stranieri si adeguano, spesso per salvare se stessi e le loro famiglie. Israele consente l’accesso nella Striscia, ma a certe condizioni. Nessun giornalista, però, rischia volontariamente la vita”.

Anche sul tema degli ospedali bombardati, la sua posizione è netta: “Per noi gli ospedali sono luoghi smilitarizzati, per Hamas invece sono rifugi sicuri per costruire infrastrutture militari, come hanno fatto anche con moschee e scuole. Utilizzano perfino le ambulanze per trasportare armi e combattenti. Questo non significa che Israele non commetta errori: medici e infermieri sono morti, e in quei casi lo Stato ha riconosciuto le responsabilità e ha chiesto scusa. Ma Israele non colpirebbe mai volontariamente un medico. L’esercito israeliano non è fatto di assassini: la maggior parte sono riservisti, padri e madri di famiglia che hanno lasciato il proprio lavoro per difendere il Paese. Nessuno di loro va al fronte con l’obiettivo di uccidere palestinesi”.

La denuncia di Eyal Mizrahi: “Dopo lo scontro con Iacchetti ho ricevuto minacce”

Infine, Mizrahi ha rivelato le conseguenze personali della sua esposizione pubblica: “Dopo il dibattito con Iacchetti ho ricevuto minacce. La Digos mi ha consigliato di tenere un profilo basso. Oggi chi sostiene Israele rischia la vita. Molti tacciono per paura”.

Eyal Mizrahi, dunque, dopo la partecipazione a Cartabianca, è tornato a esprimersi sul tema di Gaza. Questa volta lo ha fatto con toni più pacati, senza arrivare allo scontro diretto. Le sue dichiarazioni, tuttavia, sono destinate a mantenere acceso il dibattito.

Tags: Enzo IacchettiEyal MizrahiGazaIsraeleMedio Orienteprima pagina

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