Port Sudan, 11 ottobre 2025 – Il conflitto in Sudan continua a mietere vittime con un bilancio che si aggrava rapidamente. Secondo fonti locali, è salito ad almeno 60 morti il numero delle vittime provocate da un attacco con droni contro un centro per civili sfollati ad Al-Fasher, nel Darfur settentrionale. L’attacco, attribuito alle Forze di Supporto Rapido (Rsf), milizia paramilitare in guerra con l’esercito regolare da oltre due anni, ha colpito duramente un campo profughi situato all’interno dell’università di Dar al-Arqam.
L’attacco e le condizioni a Al-Fasher
I comitati di resistenza di Al-Fasher hanno denunciato che le Rsf hanno effettuato due raid con droni e sparato otto colpi di artiglieria contro il campo, colpendo civili inermi. In un primo momento si era parlato di 30 morti, ma il bilancio è stato poi aggiornato a 60, con molte vittime ancora intrappolate nei rifugi sotterranei. Questa città resta una delle ultime roccaforti dell’esercito regolare nel Darfur, duramente assediata da oltre un anno dalle Rsf, che controllano gran parte della regione occidentale del Sudan.
La situazione umanitaria è estremamente grave: oltre 300.000 civili sono intrappolati in condizioni di crescente emergenza. Le forze paramilitari hanno distrutto fonti d’acqua, mercati e ospedali, provocando una catastrofe sanitaria aggravata da epidemie di colera e carenza di alimenti di base. La popolazione sopravvive spesso con risorse di fortuna, come residui di arachidi e sesamo destinati normalmente agli animali.
Il contesto del conflitto in Sudan
Le Rapid Support Forces, ufficialmente operative dal 2013 e guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, sono state coinvolte in numerosi episodi di violenza e crimini contro l’umanità, in particolare durante la guerra in Darfur. Dal 2023 il conflitto interno al Sudan ha provocato oltre 20.000 morti e milioni di sfollati, con stime che indicano un numero reale di vittime ben superiore, fino a 130.000 secondo alcune ricerche.
Questo dramma si inserisce in un contesto più ampio di guerre moderne, che si configurano come vere e proprie emergenze sanitarie globali. Il ricorso a tecnologie come i droni aumenta la distanza morale tra aggressori e vittime civili, mentre il commercio globale di armi alimenta e prolunga i conflitti. L’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea che il 60% delle vittime nei conflitti sono civili, con effetti devastanti che si prolungano per generazioni, come evidenziato anche dal grave collasso dei servizi sanitari e dall’aumento delle epidemie nelle zone di guerra.





