Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha convocato per domani a New York, a margine dell’Assemblea Generale dell’ONU, un vertice con un gruppo ristretto di leader arabi e musulmani. L’obiettivo è discutere strategie per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza e definire un piano per la fase post-bellica.
Incontro tra Trump e i leader arabi per la pace a Gaza
Secondo quanto riferito da funzionari arabi a Axios, sono stati invitati i leader di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania e Turchia. La Casa Bianca auspica che questi Paesi partecipino attivamente a un piano di stabilizzazione post-conflitto, ipotizzando persino l’invio di truppe per una forza che sostituisca l’esercito israeliano. Tra le richieste attese dai leader arabi c’è quella di fare pressione su Benjamin Netanyahu affinché ponga fine alle ostilità a Gaza e rinunci ad annessioni territoriali in Cisgiordania. Gli Emirati Arabi Uniti hanno già avvertito che qualsiasi annessione israeliana potrebbe compromettere gli Accordi di Abramo, il risultato diplomatico più significativo dell’amministrazione Trump nel suo primo mandato.
Vertice separato con i Paesi del Golfo e preoccupazioni per attacchi a Qatar
Nella stessa giornata, Trump dovrebbe incontrare anche i leader di diversi Paesi del Golfo, tra cui Oman, Bahrein e Kuwait, oltre ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar. Un tema centrale sarà la preoccupazione per l’attacco israeliano senza precedenti contro leader di Hamas in Qatar. I Paesi del Golfo cercano rassicurazioni dall’amministrazione americana affinché simili operazioni non si ripetano.
Questa iniziativa si inserisce in un contesto di crescente tensione regionale, con recenti attacchi israeliani contro l’Iran e una massiccia offensiva missilistica iraniana verso Israele, che hanno ulteriormente complicato la situazione in Medio Oriente. La comunità internazionale continua a sollecitare una de-escalation e una soluzione diplomatica, mentre sul terreno la crisi umanitaria a Gaza si aggrava.
Donald Trump, rieletto presidente nel 2025, si conferma quindi attore chiave nelle dinamiche mediorientali, impegnato a cercare un ruolo da mediatore in una regione segnata da conflitti e fragilità politiche.






