La Corte europea dei diritti dell’uomo ha rigettato i ricorsi di due donne italiane contro l’Italia e altri Stati. Le ricorrenti non hanno fornito prove sufficienti a supporto delle loro affermazioni
La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha deciso di rigettare i ricorsi presentati da due giovani italiane che sostenevano di aver subito danni alla salute a causa dell’inazione del governo italiano nei confronti del cambiamento climatico. Le due donne, di 25 e 23 anni, provenienti da Sedico e Ferrandina, hanno descritto esperienze personali di disagio e ansia collegate agli effetti dei cambiamenti climatici. La giovane di Sedico ha evidenziato come il suo stato di salute mentale sia stato compromesso da eventi atmosferici estremi, come la tempesta di Vaia, mentre l’altra ricorrente ha lamentato problemi fisici, tra cui allergie e difficoltà respiratorie, aggravati da ondate di calore estremo e inondazioni nella sua regione.
La valutazione della CEDU
Nel valutare i ricorsi, i giudici della CEDU hanno applicato criteri specifici per determinare lo status di vittima nel contesto dei cambiamenti climatici. Questi criteri richiedono una “elevata intensità” di esposizione agli effetti negativi e una “necessità pressante” di protezione. Tuttavia, la Corte ha concluso che le ricorrenti non hanno fornito prove sufficienti a sostenere le loro affermazioni, portando così al rigetto dei ricorsi.
Implicazioni future
Questo caso si inserisce in un contesto di crescente attenzione giuridica e sociale verso il cambiamento climatico. Negli ultimi anni, diversi gruppi e individui hanno intrapreso azioni legali contro vari Stati, chiedendo un maggiore impegno per affrontare la crisi climatica. La sentenza della CEDU potrebbe influenzare futuri ricorsi simili, sottolineando l’importanza di presentare prove concrete per dimostrare il nesso tra le politiche governative e l’impatto sulla salute dei cittadini.