Gaza, 20 ottobre 2025 – La fragile tregua nella Striscia di Gaza resta appesa a un filo tra bombardamenti intensi e minacce di rottura dell’accordo. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato l’impiego di oltre 150 tonnellate di bombe sull’enclave palestinese, mentre il presidente americano Donald Trump ha ribadito il sostegno a Israele ammonendo che qualsiasi violazione della tregua da parte di Hamas comporterà la sua totale distruzione.
Netanyahu: “Obiettivo eliminare Hamas come potenza militare e diplomatica”
Nel corso dell’apertura della sessione invernale della Knesset, Netanyahu ha riaffermato la volontà ferma di Israele di perseguire “tutti gli obiettivi della guerra”, con un focus particolare sull’eliminazione di Hamas come attore politico e militare. Il premier ha sottolineato come la priorità del governo rimanga il ritorno degli ostaggi, dichiarando: “Non c’è bisogno che nessuno ci ricordi l’importanza della sacra missione di riportare indietro gli ostaggi uccisi, stiamo lavorando senza sosta anche durante gli incontri con i consiglieri della Casa Bianca”.
Netanyahu ha inoltre evidenziato il vasto consenso internazionale, che comprende paesi arabi e buona parte del mondo musulmano, sull’impegno a smilitarizzare la Striscia di Gaza e disarmare Hamas. “Stiamo parlando di un impegno esplicito – ha detto – e la determinazione di Israele è più forte che mai”.
Riguardo agli ultimi sviluppi sul campo, il primo ministro ha reso noto che ieri sono state sganciate 153 tonnellate di bombe su vari obiettivi nella Striscia, in risposta all’uccisione di due soldati israeliani da parte di Hamas. “Hamas ha sentito la spada sul collo e ha accettato l’attuale accordo su ostaggi e cessate il fuoco solo perché l’esercito israeliano è penetrato a Gaza City, il suo ultimo grande bastione”, ha aggiunto.
Gaza, tregua fragile, minacce e tensioni
Nonostante il cessate il fuoco, Netanyahu ha avvertito che la tregua non deve essere interpretata come un lasciapassare per ulteriori minacce o attacchi. “Ogni aggressione contro Israele avrà un prezzo molto pesante”, ha dichiarato, ribadendo che al termine della seconda fase dell’accordo “l’apparato militare e governativo di Hamas sarà completamente eliminato”.
Il premier ha concluso il suo intervento con un messaggio di forza e determinazione: “La campagna non è finita. La pace si costruisce con i forti e oggi Israele è più forte che mai”.
Parallelamente, Donald Trump ha sottolineato la linea dura degli Stati Uniti, affermando che non saranno dispiegate truppe americane a Gaza ma che “se Hamas violerà il cessate il fuoco sarà annientato”.
Critiche interne: Lapid attacca Netanyahu sulla gestione della crisi
Non sono mancate le critiche interne al governo israeliano. Il leader dell’opposizione, Yair Lapid, ha preso la parola alla Knesset con un duro attacco al primo ministro. “Chi era primo ministro il 7 ottobre?”, ha chiesto retoricamente, riferendosi al giorno dell’inizio del conflitto.
Lapid ha ricordato le responsabilità storiche nella crescita delle minacce regionali, citando l’accumulo di missili da parte di Hezbollah: “Abbiamo bombardato l’Iran, ma chi era il primo ministro quando l’Iran ha rafforzato il suo potere? Hezbollah oggi possiede 150.000 missili. Chi era il primo ministro quando Hezbollah ha accumulato questa forza militare?”.
Questa critica punta a mettere in discussione la gestione della sicurezza nazionale da parte di Netanyahu, accusandolo di non aver fermato l’espansione delle forze ostili prima dello scoppio del conflitto.






