Roma, 11 agosto 2025 – Sei giornalisti di Al Jazeera Media Network sono stati uccisi in un attacco israeliano a Gaza, suscitando una ferma condanna internazionale e un acceso dibattito sulla libertà di stampa nella regione. Secondo quanto riferito dall’emittente qatariota, le vittime includevano i reporter Anas al-Sharif e Mohammed Qraiqea insieme ai fotografi Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa, colpiti mentre si trovavano in una tenda per giornalisti nei pressi dell’ospedale Al-Shifa nel quartiere Rimal di Gaza City.
Le accuse di Al Jazeera
Al Jazeera ha definito l’episodio un “assassinio mirato” e un “attacco palese e premeditato alla libertà di stampa”, attribuendo la responsabilità alle forze di occupazione israeliane e accusando il governo di Netanyahu di tentare di mettere a tacere le ultime voci indipendenti che raccontano la realtà della Striscia di Gaza. Il direttore di Al Jazeera English, Salah Negm, ha commentato a BBC Newsday che Israele non ha mai fornito prove concrete a sostegno delle accuse che indicano al-Sharif come membro di Hamas, definendo queste affermazioni “ridicole” e parte di una campagna diffamatoria.
Dall’altra parte, l’esercito israeliano ha confermato di aver preso di mira al-Sharif, ritenendolo “a capo di una cellula terroristica di Hamas” e responsabile di attacchi missilistici contro civili e militari israeliani. Tuttavia, le accuse non sono state accompagnate da prove verificabili e hanno suscitato dubbi sulla reale intenzione di colpire giornalisti piuttosto che combattenti.
Un colpo alla libertà di stampa e alla testimonianza diretta
Gli stessi giornalisti uccisi erano tra le ultime fonti indipendenti in grado di fornire una copertura diretta e senza filtri della devastazione nella Striscia di Gaza, documentando bombardamenti, sofferenze civili e il progressivo deteriorarsi delle condizioni umanitarie. Anas al-Sharif, in particolare, poco prima di morire aveva diffuso un video che mostrava i bombardamenti incessanti sulla città.
Il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), rappresentato da Sarah Qudah, ha espresso seria preoccupazione per la prassi israeliana di etichettare i giornalisti come militanti senza prove credibili, sottolineando che questo modus operandi mina profondamente la libertà di stampa e la sicurezza dei professionisti dell’informazione.
Al Jazeera ha ribadito che l’impunità di tali attacchi consente a Israele di perseverare in questa strategia, mentre i giornalisti continuano a testimoniare con determinazione la realtà sul terreno, nonostante i rischi gravissimi ai quali sono esposti.






