Parigi, 16 ottobre 2025 – Una denuncia è stata formalmente depositata oggi in Francia contro le piattaforme Airbnb e Booking.com. L’accusa, presentata dalla Ligue des Droits de l’Homme (LDH), riguarda il presunto coinvolgimento delle due multinazionali nel favorire un fenomeno definito come “turismo d’occupazione” attraverso la pubblicazione di annunci di alloggi situati nelle colonie israeliane, considerate illegali nei territori palestinesi.
Airbnb e Booking denunciate
Secondo la LDH, Airbnb e Booking.com sarebbero complici e responsabili di occultamento aggravato di crimini di guerra, poiché, offrendo i loro servizi, “consentono e facilitano, tanto direttamente quanto indirettamente, la creazione e l’estensione delle colonie israeliane”. L’ong denuncia anche i “profitti colossali” tratti da queste attività, ritenendo che le pratiche delle piattaforme rappresentino un aiuto al “piano concertato israeliano di colonizzazione e distruzione della popolazione palestinese”. La denuncia è stata depositata a Parigi dall’avvocato Patrick Baudouin.
Il contesto e il ruolo delle piattaforme
Airbnb, fondata nel 2007 negli Stati Uniti, è una piattaforma globale che mette in contatto privati con persone in cerca di alloggi per brevi o lunghi periodi. Nel corso degli anni, il sito ha ampliato notevolmente la propria offerta, includendo una vasta gamma di sistemazioni, dalle stanze private a intere ville, in oltre 192 paesi nel mondo. Booking.com, invece, è un altro colosso del settore turistico online, specializzato nella prenotazione di alberghi e alloggi.
Negli ultimi anni, entrambe le piattaforme sono state oggetto di diverse controversie legate a questioni etiche, tra cui la discriminazione e la gestione degli affitti nelle aree più delicate. Tuttavia, la denuncia odierna rappresenta uno sviluppo significativo, poiché si focalizza sul loro presunto ruolo nel contesto geopolitico dei territori occupati.
La Ligue des Droits de l’Homme ha inoltre sottolineato che, nonostante le ripetute allerte degli organismi delle Nazioni Unite e di diverse associazioni per i diritti umani, le piattaforme non avrebbero modificato le loro pratiche, continuando così a facilitare la permanenza e l’espansione delle colonie in territorio palestinese.






