Genova, 30 ottobre 2025 – Dopo quasi trent’anni dal delitto, la vicenda dell’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria uccisa il 6 maggio 1996 a Chiavari, si avvia a una svolta giudiziaria. La Procura di Genova ha infatti chiesto la condanna all’ergastolo per Anna Lucia Cecere, l’ex insegnante accusata dell’omicidio, mentre per Marco Soracco, commercialista e datore di lavoro della vittima, e sua madre Marisa Bacchioni la richiesta è stata di quattro anni per favoreggiamento e false dichiarazioni.
La morte di Nada Cella
Nada Cella, 25 anni, fu aggredita nello studio di Soracco in via Marsala a Chiavari: colpita ripetutamente con un oggetto contundente mai ritrovato, morì dopo una breve agonia. Le indagini iniziali, caratterizzate da gravi errori, portarono all’archiviazione del caso e Soracco e sua madre vennero scagionati dalle accuse. Solo nel 2021, grazie al lavoro della criminologa Antonella Pesce Delfino, il caso è stato riaperto, portando alla scoperta di nuovi indizi come i bottoni trovati nell’abitazione di Cecere, simili a quelli rinvenuti sulla scena del crimine, e tracce di DNA femminile.
La pm Gabriella Dotto ha sottolineato come Anna Lucia Cecere abbia una “indole instabile” e abbia agito con “lucida follia” in un delitto d’impeto, scatenato da una gelosia che la portò a vedere in Nada una rivale, soprattutto per l’attenzione che la vittima riceveva da Soracco. Cecere, infatti, avrebbe voluto prendere il posto di Nada nello studio.
Le accuse a Soracco e alla madre e la difesa di Cecere
Marco Soracco e Marisa Bacchioni sono accusati di aver favorito l’impunità di Cecere, temendo che un suo arresto avrebbe attirato l’attenzione sugli affari dello studio. Soracco non ha mai ammesso coinvolgimenti, mentre la madre avrebbe addirittura pulito la scena del crimine, compromettendo le indagini.
Anna Lucia Cecere, assistita dagli avvocati Gianni Roffo e Susanna Martini, continua a proclamarsi innocente, puntando sulle incongruenze investigative e sulla mancanza di prove certe. Il dibattito in aula si arricchisce anche delle testimonianze familiari e delle analisi psicologiche che descrivono il carattere irascibile della donna, ma senza confermare la sua colpevolezza.
Il processo, che vede tre persone imputate, rappresenta un momento cruciale per fare luce su un caso che ha segnato profondamente la comunità di Chiavari e che per troppi anni è rimasto un “cold case”. Il 6 maggio 1996 è la data che ha cambiato per sempre la storia di questa vicenda, ora finalmente verso un giudizio definitivo.





