L’AQUILA, 7 novembre 2025 – Davanti al Palazzo di Governo dell’Aquila, alle prime luci del mattino, gruppi di giovani migranti attendono l’apertura degli uffici. Hanno trascorso la notte su panchine e pensiline, riparandosi come possono dal freddo. È un’immagine che si ripete: gli stessi luoghi erano stati occupati, poche settimane fa, da altri migranti poi trasferiti in Calabria. Il fenomeno sembra legato a un passaparola che corre di bocca in bocca, ma anche attraverso i social.
Perché i migranti raggiungono l’Aquila?
Tra loro c’è M., un ragazzo afghano di 19 anni arrivato da solo dopo un lungo viaggio in autobus e in treno. Sul suo telefono mostra i trasferimenti di denaro ricevuti da un parente, piccole somme inviate per tappe successive. “Mi hanno detto di venire qui”, spiega. La meta, L’Aquila, è citata anche in alcuni video diffusi su TikTok in lingua pashtu, dove influencer descrivono il capoluogo abruzzese come un luogo adatto per chiedere asilo o ottenere documenti. Nei commenti, altri utenti chiedono come raggiungere la città, trasformando quella che sembrava un’indicazione isolata in una rotta digitale che alimenta nuovi arrivi.
L’intervento delle autorità
La Prefettura ha convocato un vertice per affrontare la situazione. Alla riunione, presieduta dal prefetto Giancarlo Di Vincenzo, hanno partecipato rappresentanti del Comune e delle forze dell’ordine, tra cui gli assessori Fabrizio Taranta e Laura Cucchiarella. È stato deciso un potenziamento dei controlli nei punti sensibili della città, nel tentativo di gestire il flusso crescente e di garantire assistenza senza compromettere la sicurezza.
Intanto il sindaco Pierluigi Biondi ha attribuito gli arrivi alla presenza di “sciacalli che mercanteggiano esseri umani come fossero oggetti”, evocando l’ipotesi di una rete organizzata dietro lo spostamento dei migranti verso la città.
Le reazioni politiche a L’Aquila
Le parole del primo cittadino hanno scatenato immediate reazioni. Il movimento L’Aquila Coraggiosa ha espresso “costernazione e preoccupazione” per le dichiarazioni del sindaco e dell’assessore Francesco De Santis, che aveva parlato di “permessi di soggiorno facili” e di associazioni responsabili dell’arrivo di “decine di disperati”. Il gruppo ha chiesto che, qualora esistano prove di traffici o intermediari, vengano presentate denunce formali. “Se ci sono sciacalli, vadano indicati con nomi e cognomi — sottolineano — altrimenti si alimenta paura senza informare la città”.
Anche il Partito Democratico e l’ex rettore dell’Università dell’Aquila, Ferdinando Di Orio, hanno sollecitato chiarezza. Il Pd ha domandato se il sindaco abbia informato il prefetto e il questore, o il Ministero dell’Interno, riguardo alle sue accuse. “Se L’Aquila è sotto attacco con una regia precisa, lo si denunci — afferma il partito — altrimenti si rischia di creare procurato allarme”.
La replica della maggioranza
A rispondere è stato il capogruppo di L’Aquila Protagonista, Alessandro Maccarone, che ha difeso l’operato dell’amministrazione. “L’accoglienza non può trasformarsi in improvvisazione o propaganda”, ha spiegato, ricordando che il Comune agisce nel rispetto dei programmi nazionali e delle quote previste. Maccarone ha citato il progetto Invisibili, promosso dal Comune, come esempio concreto di sostegno immediato alle persone senza dimora. “La vera accoglienza — ha aggiunto — si fonda su regole chiare e su un equilibrio tra umanità e responsabilità istituzionale”.
Solidarietà e richieste di chiarezza
Tra le voci critiche anche quella di Di Orio, oggi presidente dell’associazione Veronica Gaia Onlus, che ha chiesto spiegazioni su chi sarebbero gli “sciacalli” citati dal sindaco. “Sono sempre stato dalla parte degli ultimi — ha detto — ma voglio capire se esistono elementi concreti”. L’ex rettore si è inoltre detto disponibile, qualora necessario, a collaborare per iniziative di accoglienza.
Mentre la politica discute, la situazione davanti alla Prefettura resta immutata: giovani uomini, valigie e coperte, in attesa che qualcuno chiarisca se davvero dietro la “rotta di TikTok” ci sia una rete organizzata o soltanto un passaparola nato tra chi cerca, ancora una volta, un posto dove ricominciare.






