Tre amici, uniti dal tifo e da un comune riferimento ideologico: per la procura di Rieti sono loro gli autori dell’assalto al pullman dei tifosi del Pistoia Basket e del lancio della pietra che ha ucciso Raffaele Marianella, 65 anni. I fermati sono Manuel Fortuna, Kevin Pellecchia e Alessandro Barberini, tre figure già note nell’ambiente del tifo reatino. Secondo gli inquirenti, sarebbero stati loro a organizzare la spedizione punitiva dopo la sconfitta del Rieti basket, domenica sera, sulla strada statale 79 verso Terni. Un agguato nato in poche ore, ma concluso nel sangue.
Ideologia e violenza dietro all’agguato al pullman del Pistoia Basket
Per gli investigatori, dietro l’agguato al pullman che ha visto morire l’autista Raffaele Marianella non ci sarebbe solo la rivalità sportiva. Il movente rimane parzialmente oscuro, ma un filo conduttore ideologico appare evidente: una comune fede fascista che traspare dai profili social e dalle frequentazioni dei tre. Non emergono legami diretti con gruppi strutturati dell’estrema destra, ma le simbologie, i riferimenti e i contatti lasciano pochi dubbi sull’orientamento politico dei fermati.
Manuel Fortuna: il volto noto della curva
Il più conosciuto del gruppo è Manuel Fortuna, vent’anni, vicecapo della curva Terminillo del PalaSojourner. Sui social alterna foto con il figlio a post in memoria delle foibe, o a iniziative benefiche promosse da associazioni di estrema destra. Tra le sue passioni dichiarate c’è la musica degli Zetazeroalfa, il gruppo neofascista di riferimento di CasaPound, guidato da Gianluca Iannone. “Difendi la torre, la torre ti difende”, l’inno del movimento, compare più volte nelle sue condivisioni.
Secondo le prime ricostruzioni, Fortuna avrebbe contribuito a organizzare l’agguato al pullman tramite una chat WhatsApp. Il tempo di darsi appuntamento, indossare sciarpe e cappellini neri, salire in auto e raccogliere le pietre sotto un cavalcavia: la trappola era pronta. Sui social si presenta come lavoratore nel settore del gaming e dei supporti per postazioni da gioco, ma il suo nome, per chi frequenta il palazzetto, è legato soprattutto alla curva e alle tensioni passate con tifoserie ospiti.
Kevin Pellecchia: dal vivaio alla cronaca nera
Il più giovane è Kevin Pellecchia, anche lui ventenne. Diplomato a un istituto tecnico agrario, lavora in un vivaio. Domenica sera, però, la sua vita ha preso una svolta drammatica: dai fiori alle pietre, dal lavoro quotidiano al lancio che oggi pesa come un’accusa di omicidio volontario.
Pellecchia, come gli altri due fermati, era già stato segnalato in occasione di incidenti o tensioni durante partite al PalaSojourner. Mai, però, si era arrivati a un epilogo simile. “In cinquant’anni di tifo non ho mai visto tanta violenza“, racconta un sostenitore storico della squadra. “C’erano state risse e cori, ma nulla che facesse pensare a una tragedia del genere“.
Alessandro Barberini: la memoria del fascio
Alessandro Barberini, 53 anni, è il più anziano del gruppo e figura di riferimento per alcuni giovani della curva. Sulla sua pagina Facebook campeggia il simbolo della Roccaforte di Rieti, un’associazione di chiaro orientamento neofascista, impegnata in iniziative di assistenza come la distribuzione di pacchi alimentari.
Sfondo nero, cerchio tricolore, citazioni di Mussolini: la simbologia è inequivocabile. Barberini pubblica regolarmente post in occasione del 10 febbraio, in memoria delle foibe, e del 7 gennaio, anniversario di Acca Larentia. E non manca di ricordare che “il 25 aprile non è la mia festa”.
Single, tifoso di lungo corso, è considerato un “navigato” della curva reatina. Anche lui avrebbe partecipato all’assalto, contribuendo all’organizzazione logistica e all’individuazione del luogo sotto il cavalcavia.
Le prove e le indagini
Gli agenti che scortavano il pullman dei tifosi pistoiesi avrebbero notato alcune persone incappucciate fuggire a bordo di auto parcheggiate poco lontano. Una delle vetture è stata fermata, portando ai primi nomi e alle successive perquisizioni.
I cellulari dei tre sono stati sequestrati: le celle telefoniche dovranno confermare la loro presenza sul luogo dell’agguato. Nelle chat analizzate si parlerebbe di una “spedizione punitiva”, pianificata almeno da tre persone e forse con la partecipazione di altri complici.
La polizia sta passando al setaccio anche le telecamere di sorveglianza del palazzetto e dei dintorni. L’obiettivo è chiarire se la tensione tra le due tifoserie fosse già evidente durante la partita. “Solo cori“, minimizzano alcuni presenti. Ma quegli insulti reciproci sono stati il preludio di una tragedia.






