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Home Tecnologia

Siti porno e verifica dell’età, basta una VPN per aggirare i controlli?

Dal 12 novembre scatta in Italia la verifica dell’età per i siti porno. Ecco come funziona, i rischi per la privacy e cosa c'entrano le VPN

by Alessandro Bolzani
12 Novembre 2025
Rappresentazione di una VPN

Rappresentazione di una VPN | Pixabay @Dan Nelson - Alanews.it

Dal 12 novembre 2025 l’Italia è entrata ufficialmente nell’era della verifica digitale dell’età per accedere ai siti pornografici. Una misura che, nelle intenzioni del governo e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), mira a proteggere i minori da contenuti esplicitamente sessuali e non adatti, ma che ha aperto un fronte vastissimo di discussione su privacy, libertà digitale e sicurezza dei dati personali.

La nuova normativa, introdotta dal decreto Caivano e diventata pienamente operativa con la delibera Agcom di ottobre, obbliga tutti i siti porno accessibili dal territorio italiano a implementare un sistema di verifica dell’età degli utenti. In teoria, l’idea è semplice: impedire ai minori di 18 anni di entrare su siti per adulti. Nella pratica, però, la questione si è rivelata molto più complessa.

Le regole dell’Agcom: come funziona la verifica dell’età

Il principio alla base della norma è quello del cosiddetto “doppio anonimato”.
In sostanza, non è il sito pornografico a dover controllare direttamente l’età dell’utente, ma un soggetto terzo autorizzato e certificato da Agcom. Questo verificatore indipendente riceve dal cittadino una conferma della sua maggiore età — tramite documento d’identità, SPID, carta d’identità elettronica o riconoscimento biometrico — e comunica al sito solo l’esito della verifica, senza trasmettere dati personali.

Stretta sui siti porno
Stretta sui siti porno | Pixabay @pagadesign – alanews

Il sito, quindi, sa soltanto che l’utente è maggiorenne, ma non conosce la sua identità; allo stesso tempo, il verificatore non sa quale sito la persona stia per visitare.
Sulla carta, il sistema dovrebbe tutelare sia la privacy sia la sicurezza dei minori. Tuttavia, l’attuazione pratica è ancora in fase sperimentale, e i dubbi restano molti.

Solo quattro dei 45 siti indicati da Agcom a inizio novembre hanno introdotto un sistema conforme alle nuove regole. Altri, come Bang.com, hanno scelto di oscurarsi temporaneamente in Italia, mentre i giganti del settore — Pornhub, XHamster, XVideos e simili — non hanno ancora annunciato come intendono adeguarsi.
Il rischio concreto è che la misura resti per ora un ibrido: formalmente in vigore, ma solo parzialmente applicata.

OnlyFans e Yoti: il primo test del nuovo sistema

Tra le grandi piattaforme che hanno deciso di adeguarsi per prime, OnlyFans è quella che ha sperimentato più apertamente il nuovo modello di verifica.
L’app britannica, che ospita contenuti a pagamento creati da utenti adulti, utilizza il sistema Yoti, basato su un meccanismo di identificazione digitale tramite documento o riconoscimento facciale.

L’utente deve scansionare un QR code, caricare una foto del proprio documento o lasciarsi inquadrare dalla fotocamera per una stima automatica dell’età tramite intelligenza artificiale. Una volta verificato, riceve un “AgeKey”, una sorta di lasciapassare digitale che consente di accedere ai siti compatibili senza dover ripetere la procedura ogni volta.

Il vantaggio, secondo i promotori, è la tutela della privacy: Yoti non conserva immagini o dati identificativi dopo la verifica, ma solo la conferma che l’utente è maggiorenne. Tuttavia, esperti e attivisti per i diritti digitali restano cauti: la stima dell’età tramite intelligenza artificiale può essere fallibile, e l’intero processo richiede comunque di fornire temporaneamente immagini e documenti a un soggetto privato.

Privacy e riservatezza: il nodo più discusso

Ed è proprio qui che si concentra la polemica principale.
Molti utenti adulti si chiedono perché, per accedere a un sito perfettamente legale, debbano mostrare un documento o il volto a un sistema di controllo digitale.
Le associazioni per i diritti civili, come Privacy Network e Electronic Frontier Foundation, hanno sottolineato che ogni forma di identificazione online legata a contenuti personali — come la pornografia — rappresenta un rischio intrinseco per la riservatezza e la libertà individuale.

Il modello di “doppio anonimato” teorizzato da Agcom, infatti, funziona solo se i due attori (verificatore e sito) restano completamente indipendenti e tecnicamente separati. Ma al momento, la tecnologia non garantisce in modo assoluto che tali barriere restino invalicabili.
Alcuni esperti di cybersecurity hanno fatto notare che basterebbe un errore di configurazione, una violazione o un collegamento improprio per compromettere l’anonimato dell’utente.

Inoltre, non mancano i timori per archivi di dati sensibili accumulati da aziende private, spesso con sedi all’estero, che potrebbero un giorno essere oggetto di attacchi informatici o violazioni. Un rischio che, anche se remoto, resta reale in un’epoca in cui i furti di dati sono sempre più frequenti.

L’esperienza di Francia e Regno Unito: tra proteste e soluzioni alternative

Il caso italiano non è isolato.
In Francia, una legge simile è entrata in vigore nell’estate 2025 e ha generato un’ondata di proteste. Pornhub, per esempio, ha scelto di bloccare completamente l’accesso dal territorio francese, mostrando una schermata con un messaggio di denuncia contro quella che definisce una “forma di sorveglianza digitale di massa”.
Il risultato è stato immediato: centinaia di migliaia di utenti hanno iniziato a usare VPN per aggirare i controlli e accedere ai siti vietati.

Un giovane intento a usare un computer portatile
Un giovane intento a usare un computer portatile | Pixbay @Pexels – Alanews.it

Situazione analoga anche nel Regno Unito, dove l’Online Safety Act impone alle piattaforme di introdurre meccanismi di verifica, ma ha incontrato forti opposizioni sia dai gestori dei siti sia dai cittadini, preoccupati per la raccolta dei dati biometrici.
In entrambi i casi, il numero di utenti che si affidano a reti private virtuali per mantenere l’anonimato e accedere liberamente ai contenuti è aumentato in modo esponenziale. È probabile che lo stesso accada ora anche in Italia.

VPN: cosa sono e perché tutti ne parlano

Le VPN (Virtual Private Network) sono strumenti nati per proteggere la connessione internet. Creano un tunnel criptato tra il dispositivo dell’utente e un server remoto, rendendo invisibili i dati scambiati e mascherando la posizione geografica reale.
Dal punto di vista pratico, una VPN consente di navigare come se ci si trovasse in un altro Paese: è questo il motivo per cui molti la utilizzano per accedere a contenuti non disponibili in Italia, come alcuni cataloghi di streaming o, appunto, siti pornografici soggetti a restrizioni territoriali.

Tuttavia, va precisato che le VPN non sono illegali. Sono tecnologie di sicurezza informatica usate quotidianamente anche da aziende, giornalisti e professionisti per proteggere comunicazioni e dati sensibili.
Il problema nasce quando vengono usate per eludere controlli o norme: non si tratta di un reato in senso stretto, ma di una pratica che contraddice lo spirito della legge sulla tutela dei minori.

Il boom delle VPN “contraffatte” e l’allarme di Google

Proprio il crescente interesse per le VPN ha attirato anche l’attenzione dei criminali informatici.
A novembre 2025 Google ha pubblicato un avviso globale denunciando la diffusione di VPN false o infette da malware, spesso promosse con annunci pubblicitari ingannevoli o video su piattaforme social.
Queste applicazioni si presentano come strumenti di anonimato, ma in realtà contengono trojan bancari, spyware e info-stealer in grado di sottrarre dati sensibili, cronologia di navigazione, credenziali di accesso e persino portafogli di criptovalute.

I ricercatori di sicurezza di Google hanno segnalato che molte di queste app provengono da fonti non ufficiali o da store alternativi, e si diffondono sfruttando la curiosità degli utenti verso temi sensibili come la pornografia, la privacy o la censura.
Le raccomandazioni sono chiare:

  • scaricare VPN solo da fonti affidabili come il Google Play Store o l’App Store;

  • evitare app gratuite che chiedono permessi eccessivi;

  • diffidare da versioni “premium” vendute su siti di dubbia provenienza.

Secondo Google, una VPN legittima non deve mai accedere ai contatti, ai messaggi o alla galleria fotografica dell’utente. Qualunque app che lo richieda va considerata sospetta.

I rischi insiti nell’uso delle VPN

L’anonimato è un diritto, ma anche una responsabilità.
Molti esperti di etica digitale sottolineano che l’uso massiccio di VPN o strumenti di offuscamento rischia di creare una “zona grigia” del web, dove le regole diventano difficili da far rispettare.
Le autorità non possono distinguere facilmente chi utilizza questi strumenti per tutelare la propria privacy da chi li impiega per attività illegali, come la diffusione di materiale pedopornografico o pirata.

Proprio per questo, alcuni governi stanno valutando la possibilità di richiedere VPN certificate, cioè servizi che garantiscano anonimato ma anche tracciabilità in caso di crimini informatici. Un equilibrio complicato, che rischia di snaturare l’essenza stessa delle VPN: proteggere la libertà e la riservatezza online.

Cosa succede se i siti porno non si adeguano

L’Agcom ha chiarito che i siti che non introdurranno sistemi di verifica rischiano sanzioni fino a 250.000 euro e, nei casi più gravi, il blocco dei DNS da parte dei provider italiani.
Si tratta di una misura già adottata per i siti di scommesse non autorizzati, ma che nel caso dei portali pornografici comporta una sfida tecnica e legale notevole, vista la natura internazionale dei server e dei domini.

Molti esperti di diritto digitale ritengono difficile che la norma possa essere applicata in modo uniforme: “Internet non conosce confini”, osserva un giurista intervistato dal Corriere delle Comunicazioni, “e bloccare un sito è una misura che spesso si aggira in pochi minuti. Serve più educazione digitale, non solo divieti tecnici”.

I possibili sviluppi: identità digitali temporanee e token anonimi

Agcom e governo sanno che l’attuale sistema non è definitivo.
Già si parla di una seconda fase della riforma, con l’introduzione di identità digitali temporanee, token crittografici o sistemi basati su wallet anonimi che permetterebbero di dimostrare la maggiore età senza cedere dati personali sensibili.
Queste soluzioni si ispirano al modello dei “verifier decentralizzati” adottato in alcuni Paesi nordici, dove l’età viene certificata una volta sola e poi riutilizzata per vari servizi, senza tracciamenti successivi.

Un altro scenario è quello del riconoscimento biometrico decentralizzato, in cui l’informazione “sei maggiorenne” viene salvata direttamente sul dispositivo dell’utente, senza transitare su server esterni.
Tuttavia, tali tecnologie richiedono infrastrutture sofisticate e standard di sicurezza ancora in via di definizione.

Un dibattito che va oltre la pornografia

In fondo, la questione non riguarda solo i siti porno.
La verifica dell’età rappresenta un banco di prova per un tema molto più ampio: chi controlla l’identità digitale dei cittadini online.
Il principio della “maggiore età digitale” potrebbe presto estendersi anche ad altri ambiti — social network, piattaforme di gaming, chat e servizi di streaming — dove sempre più minori vengono esposti a contenuti inadatti.

Non a caso, la Commissione Europea sta lavorando a una direttiva che imponga controlli d’età uniformi per tutti i servizi online con contenuti per adulti, includendo non solo pornografia ma anche gioco d’azzardo, violenza e incitamento all’odio.
L’Italia, con il suo esperimento Agcom, si trova oggi in prima linea in questo laboratorio normativo.

Tra libertà e protezione: un equilibrio difficile

Il dibattito resta acceso: da una parte, chi invoca la protezione dei minori e il controllo delle piattaforme; dall’altra, chi teme che ogni forma di identificazione possa aprire la porta a una sorveglianza digitale generalizzata.
La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: serve proteggere i più giovani, ma senza trasformare Internet in uno spazio dove ogni azione è tracciata.

In questo scenario, le VPN diventano simbolo di una contraddizione: strumenti nati per difendere la privacy, ma oggi associati — forse ingiustamente — all’elusione dei controlli.
L’importante, sottolineano gli esperti, è usarle in modo consapevole, sapendo che l’anonimato non deve mai diventare un pretesto per sottrarsi alle regole comuni.

Conclusione: un esperimento digitale che riguarda tutti

La nuova normativa sulla verifica dell’età nei siti porno italiani non è solo una questione di morale o di censura, ma un tassello di un dibattito globale sul futuro della libertà digitale.
Nel tentativo di proteggere i minori, il Paese sta sperimentando strumenti che potrebbero presto estendersi a molti altri ambiti online, ridefinendo il modo in cui interagiamo con la rete.

Per ora, il sistema è imperfetto, i controlli sono parziali e la diffidenza resta alta. Ma la direzione è tracciata: il web del futuro sarà sempre più regolamentato, e ogni equilibrio tra privacy e sicurezza dovrà essere trovato passo dopo passo.
La vera sfida sarà costruire un Internet dove sia possibile essere liberi senza essere invisibili, e protetti senza essere controllati.

Per capire com’è andata altrove: Regno Unito, forte calo degli accessi ai siti porno dopo i nuovi controlli sui minori

Tags: ApprofondimentoPornografiaVPN

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