L’esplosione di un power bank nell’aeroporto di Melbourne ha riportato l’attenzione su un oggetto tanto comune quanto potenzialmente pericoloso. Questo piccolo dispositivo, ormai presente in quasi ogni zaino o borsa da viaggio, è diventato indispensabile per chi vive con lo smartphone sempre acceso. Ma cos’è esattamente un power bank, come funziona e perché, in rari casi, può prendere fuoco?
Cos’è un power bank e a cosa serve
Il power bank, letteralmente “banca di energia”, è una batteria portatile in grado di immagazzinare energia elettrica per ricaricare altri dispositivi — telefoni, tablet, cuffie wireless o smartwatch — quando non si ha a disposizione una presa.
In sostanza, si carica in anticipo tramite un cavo USB e, una volta pieno, diventa una riserva di energia pronta all’uso. È una comodità che ha cambiato il modo di viaggiare, lavorare e comunicare, specialmente per chi passa molte ore fuori casa.

Com’è fatto e come funziona
All’interno di un power bank si nascondono celle agli ioni di litio o ai polimeri di litio, le stesse che alimentano i nostri smartphone o computer portatili. Accanto alle celle c’è un circuito di controllo che regola la ricarica e l’erogazione dell’energia, proteggendo il dispositivo da sovraccarichi e cortocircuiti.
Il principio è semplice: quando lo colleghiamo alla corrente, gli ioni di litio si spostano e accumulano energia; quando ricarichiamo un telefono, il processo si inverte e il power bank restituisce quell’energia al dispositivo collegato.

Perché può esplodere
Nonostante la tecnologia sia ormai molto sicura, un power bank può diventare pericoloso se qualcosa va storto. Le batterie al litio sono estremamente dense di energia, e un malfunzionamento interno può innescare una “fuga termica” (thermal runaway): una reazione a catena che produce calore crescente, gas infiammabili e, nei casi peggiori, un’esplosione.
Le cause possono essere diverse: un surriscaldamento dovuto a carica eccessiva o prolungata, un danno fisico (una caduta o una deformazione), un cortocircuito interno o, più spesso, la scarsa qualità dei materiali in prodotti economici o non certificati.
Proprio per questo le autorità — e i produttori più seri — insistono sull’importanza di acquistare power bank con marchiatura CE e da fonti affidabili.
Sicurezza e uso in volo
L’episodio di Melbourne non è isolato: negli ultimi anni, diversi produttori hanno ritirato dal mercato modelli difettosi, inclusi alcuni power bank di marchi noti. Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi questi dispositivi restano sicuri, se utilizzati correttamente.
In particolare, le compagnie aeree impongono regole precise: i power bank devono viaggiare nel bagaglio a mano, mai in stiva, perché un eventuale surriscaldamento sarebbe più facile da gestire in cabina. Inoltre, le batterie non devono superare una certa capacità (generalmente 100 Wh, salvo autorizzazione).
Durante un volo, le variazioni di temperatura e pressione possono accentuare eventuali difetti nascosti, motivo per cui è importante non utilizzare power bank danneggiati o gonfi e non lasciarli collegati per ore. Se un dispositivo si surriscalda o emette odore di bruciato, va immediatamente scollegato e isolato.

Un oggetto utile, ma da rispettare
Il power bank rimane uno strumento indispensabile per chi è sempre in movimento. Ma va trattato con la stessa attenzione che si riserverebbe a qualunque fonte di energia: non lasciarlo sotto il sole, non usarlo se è danneggiato, non caricarlo di notte o incustodito.
L’esplosione di Melbourne ci ricorda che anche un accessorio di uso quotidiano può nascondere rischi se non gestito correttamente. Usarlo bene significa garantirsi energia sempre a portata di mano — ma in tutta sicurezza.






