La pallavolista italiana Myriam Sylla è l’ospite della nuova puntata del The BSMT condotto da Gianluca Gazzoli. L’intervista verte sulla carriera sportiva di Sylla, evidenziando il suo recente trasferimento in Turchia e le sue esperienze personali e professionali. Si parla della sua passione per la pallavolo fin dall’adolescenza e di come la sua carriera sia stata influenzata dal desiderio di rendere orgogliosa la sua famiglia. Un tema centrale è la vittoria del campionato del mondo, che per Sylla ha rappresentato la chiusura di un cerchio emotivo legato alla madre scomparsa. La conversazione tocca anche argomenti come la gestione emotiva nello sport, il rapporto con l’allenatore Julio Velasco e l’approccio di Sylla alle tematiche di razzismo.
Myriam Sylla e la liberazione del Mondiale: “Un regolamento di conti tra me e me”
La vittoria nel recente Campionato del Mondo non è stata solo una medaglia in più, ma un momento catartico: “questo mondiale è stato tipo come un chiudere un un cerchio“.
Myriam Sylla ha confessato di aver vissuto per anni con il peso di un errore commesso nella finale del Mondiale 2018 contro la Serbia, quando, pur essendosi allontanata dalla famiglia e dalla madre malata per inseguire la promessa di vincere l’oro, fallì.
“Ho perso dei momenti che non recupererò mai più nella mia vita, promettendo una cosa che non sono riuscita a mantenere e questa cosa, cioè mi ha mi ha veramente devastato“, ha raccontato Sylla.
La zavorra è stata portata per otto anni. Il punto della vittoria, avvenuto tramite un muro/block, è stato come mettere “il pezzo di puzzle che mancava“. Nonostante non si sentisse al top fisicamente durante quella finale, la consapevolezza e la fiducia nelle compagne (come Sarah Fahr) erano totali.
La medaglia ottenuta ha rappresentato “un regolamento di conti tra me e me“, una chiusura che l’ha lasciata inizialmente “vuota” per la scarica di tensione accumulata.
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Julio Velasco: l’allenatore al quale “Voglio bene”
Myriam Sylla ha espresso un affetto e una fiducia insoliti per il suo allenatore, Julio Velasco, descrivendolo come una figura che è andata oltre il ruolo professionale. “Gli voglio bene“, ha affermato Sylla. “Gli voglio bene per quello che abbiamo vissuto insieme. E c’è stato solo due anni, ma sono stati due anni di crescita dove abbiamo imparato conoscerci e io lo rispetto tantissimo per quello che mi ha dimostrato“.
Un insegnamento cruciale di Velasco è arrivato dopo una partita vinta in cui Sylla non era soddisfatta della sua performance in attacco, nonostante un’ottima ricezione. L’allenatore le ha offerto una prospettiva diversa: “Abbiamo vinto con te, non malgrado te“, un concetto che l’ha costretta a guardare il suo contributo in modo più ampio.
Velasco è visto da Sylla come un maestro che rende le atlete “consapevoli di quali sono i loro mezzi e cosa possono raggiungere“, sapendo come “incastrarle nella maniera corretta” per il risultato. Inoltre, Velasco ha sempre insistito sulla creazione di una “bolla,” uno spazio intimo del gruppo, lontano dalle aspettative esterne.

La famiglia: il motore e il sacrificio
Il motore della carriera di Sylla è sempre stato il desiderio di ripagare i sacrifici dei suoi genitori. Il suo stimolo più grande era “rendere i miei genitori orgogliosi di me e permettergli che non gli mancasse niente, perché loro non hanno fatto mancare niente a me“.
Sylla ha raccontato l’immenso rispetto che prova per suo padre, che ha lasciato la sua casa a Palermo per dare a lei e alla famiglia una vita migliore al Nord. “Io devo tutto al a loro“, ha dichiarato Sylla, emozionata, ricordando il sacrificio del padre di ricominciare una vita senza conoscere nessuno.
La giocatrice ha rivelato di avere un secondo nome, Fatim, che è il nome di sua nonna, utilizzato solo dal padre e dai fratelli, mantenendolo come una cosa intima di famiglia.
La lezione della madre scomparsa
La perdita della madre, avvenuta nel momento in cui Myriam Sylla voleva farle il regalo di una casa, le ha lasciato una lezione di vita fondamentale: “La vita va vissuta, cioè, non devi aspettare perché aspettare non serve a niente, non c’è tempo per aspettare“, è la consapevolezza che Sylla porta con sé.
Nonostante il dolore, Sylla sente la presenza della madre. “Io so, lo sento quando è contenta, lo sento quando è felice. E io ti dico, non c’è, anche quando le cose mi vanno storte, non c’è giorno che io cammino con una marcia in meno, cioè io ho una roba in più“, una presenza che non le sarà tolta mai.
Sylla ha ricordato le Olimpiadi come il momento in cui ha visto il padre più orgoglioso, dicendole che aveva reso fiera anche la madre che non c’era più.
Razzismo: essere un esempio, non urlare
Riguardo al tema del razzismo, Sylla adotta un approccio basato sulla leadership silenziosa e l’esempio personale. Ha riconosciuto che le persone ignoranti esisteranno sempre. La sua lotta al razzismo, spiega, è “essere me stessa e fare quello che faccio e in maniera differente. Cioè io voglio che sia una lotta silenziosa, per me non c’è bisogno di urlare, sbraitare“.
Il suo obiettivo è essere un modello positivo per i più giovani: “La cosa che posso fare io è essere un esempio per i giovani, essere un esempio per quelli più piccoli di me, che mi possano imitare nel mio modo di essere e nel mio modo di affrontare la vita“.
Sylla ha anche lanciato un appello al giornalismo sportivo, suggerendo di non chiedere sempre e solo ai giocatori “diversi” risposte sul razzismo dopo una vittoria, ma di “cambiare un po’ il modo di fare… chiederlo a qualcun altro“. Questo approccio, secondo Sylla, cambierebbe il punto di vista e porterebbe nuove riflessioni sul problema.

L’avventura turca di Myriam Sylla
Il trasferimento di Myriam Sylla in Turchia ha segnato l’inizio della sua vita professionale all’estero, un’esperienza che si svolge in un contesto “strano” e affascinante. Sylla è arrivata in Turchia da poco e ha dovuto subito iniziare l’attività in palestra, senza molto tempo per ambientarsi.
L’accoglienza e l’ambientamento
L’accoglienza è stata “perfetta” e inaspettatamente positiva, “meglio di quello che che io potessi immaginarmi“. Tuttavia, i primi giorni sono stati caratterizzati da momenti imprevisti che lei ha descritto come un'”avventura fantozziana“: partendo dai problemi con l’auto persa nel parcheggio di casa. Sylla non sapeva, infatti, che il parcheggio avesse quattro piani e non aveva segnato il piano o il colore, dovendo attraversare tutti i livelli a piedi per ritrovare la vettura. Quando ha chiesto perdono, i suoi interlocutori hanno risposto scherzosamente: “Allora sì, le solite scuse. Voi italiani, voi italiani che perdete sempre la macchina, no?“.
Un altro episodio ha visto Sylla chiusa nello spogliatoio prima di una partita, per scherzo delle compagne. Lei, pur di fretta per andare in campo, ha dovuto dare due pugni alla porta per farsi aprire.
Il tifo e il riconoscimento
Sylla ha espresso fascinazione per il tifo turco, definendolo “caloroso” e “bello carico“. I cori sono continui, sia nei momenti di difficoltà che in quelli positivi, con tifosi che fanno anche botte e risposta. Il tifo è diverso rispetto all’Italia, e Sylla ha ricevuto uno striscione di benvenuto in italiano: “benvenuta in famiglia guerriera“.
L’attenzione per la pallavolo femminile è molto alta, quasi allo stesso livello del calcio, cosa che l’ha colpita, in quanto “qua [in Italia] non ho mai sentito” un tale paragone. Il riconoscimento è ampio: anche il tassista l’ha riconosciuta. Inoltre il senso di appartenenza è forte, soprattutto nelle “polisportive“ che gestiscono più sport, dove i tifosi sostengono la squadra a prescindere, attaccandosi al club.
Rapporto con le Compagne
Myriam Sylla ha affrontato molte delle sue compagne di squadra turche in passato, alcune in altre nazionali (polacche, belghe), e persino nella finale del Mondiale. Nonostante ciò, l’accoglienza è stata positiva e le compagne le hanno fatto i complimenti al suo arrivo. In particolare, il capitano (conosciuta nella finale mondiale) si era già presentata subito dopo la partita, dimostrandosi “molto sportiva“.
Infine, Sylla ha rivelato di avere la sua migliore amica, Alessia Orro, con sé in Turchia (sebbene in squadre diverse). Si diceva che Sylla si fosse trasferita per amicizia, ma lei ha smentito, sottolineando che ognuno segue il proprio percorso.
Riguardo alla gastronomia locale, Sylla deve ancora concedersi un kebab, che desidera mangiare in un ristorante in Turchia per assaporare appieno la vera cultura del kebab, non come quello che si mangia in Italia.






