Strasburgo, 10 luglio 2025 – La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha emesso una sentenza definitiva riconoscendo la violazione del diritto a un processo equo nei confronti di Mokgadi Caster Semenya, la celebre mezzofondista sudafricana, campionessa olimpica e mondiale negli 800 metri piani. La decisione si riferisce al trattamento giudiziario ricevuto in Svizzera riguardo al ricorso contro le normative che le imponevano di ridurre i livelli naturali di testosterone per poter competere nella categoria femminile internazionale.
Caster Semenya, violazione del diritto a un processo equo
Secondo la Cedu, il Tribunale federale di Losanna e il Tribunale arbitrale dello sport (Tas) non avrebbero esaminato “con il rigore dovuto” il ricorso presentato da Semenya contro il regolamento che limita la partecipazione alle gare femminili alle atlete con livelli di testosterone sopra i limiti stabiliti dalla IAAF (ora World Athletics). Tale regolamento ha costretto l’atleta, che non prende parte alle competizioni internazionali dal 2018, ad affrontare un complesso iter giudiziario durato anni.
La sentenza ha però escluso ulteriori violazioni dei diritti umani della sportiva, come quello a non subire trattamenti inumani o degradanti. La Svizzera dovrà corrispondere a Semenya un risarcimento pari a 80.000 euro per le spese legali sostenute durante la controversia.
La mezzofondista ha sollecitato la “protezione degli atleti” dopo la vittoria. “Dobbiamo rispettare gli atleti, dobbiamo mettere i loro diritti al primo posto. È solo un promemoria per i leader, affinché dicano che la priorità è la protezione degli atleti“. Classificata come affetta da “differenze nello sviluppo sessuale”, è sempre stata legalmente identificata come donna.
Chi è Caster Semenya
Mokgadi Caster Semenya, nata nel 1991 a Polokwane, è una delle atlete più decorate dell’atletica leggera mondiale, con due ori olimpici (Londra 2012 e Rio 2016) e tre titoli mondiali sugli 800 metri piani. Nel corso della sua carriera, ha stabilito diversi record nazionali sudafricani e ha vinto numerosi titoli continentali e internazionali.
La sua vicenda è stata al centro di un acceso dibattito sportivo e medico a causa della sua condizione genetica nota come sindrome di Morris, una forma di intersessualità che comporta livelli elevati di testosterone naturale ma con un’identità femminile riconosciuta. Questa situazione ha portato a controversie sulle norme che regolano la partecipazione delle atlete con differenze di sviluppo sessuale nelle competizioni femminili.
La Cedu ha quindi riconosciuto le criticità del procedimento giudiziario svizzero, ma senza entrare nel merito della normativa sportiva che limita la partecipazione sulle base dei livelli ormonali. La questione rimane un tema di grande attualità nel mondo dello sport e dei diritti umani.






