Piero Armenti, uno dei creator italiani più seguiti e riconoscibili sui social, è stato sospeso per dodici mesi dall’Ordine dei Giornalisti della Campania. La decisione, che rappresenta una delle sanzioni più pesanti previste dalla legge 69/1963 – superata solo dalla radiazione – arriva al termine di un procedimento disciplinare incentrato sulle attività imprenditoriali del salernitano e sull’uso della sua immagine a fini considerati pubblicitari.
Armenti, classe 1979, è noto per aver trasformato il suo progetto “Il mio viaggio a New York” in un vero brand mediatico, unendo tour guidati, produzione di contenuti digitali e una forte presenza social. La sua figura pubblica si è consolidata negli anni grazie al racconto della vita newyorkese, alla formazione universitaria e al posizionamento come “imprenditore, scrittore ed urban explorer”. Dal 2006, inoltre, Armenti è iscritto all’albo dei giornalisti professionisti.
Piero Armenti: “sospeso d’ufficio” per pubblicità indebita
Secondo quanto riportato da Fanpage, accanto al suo nome negli elenchi dell’Ordine è apparsa la dicitura “sospensione d’ufficio”. Il Consiglio di disciplina – composto da Enrico Deuringer, Paola Cacace, Fabio Relino, Patrizia Varone, Pasquale Piscitelli, Fiorella Anzano, Antonio Gnassi, Claudia Izzo e Michele Maria Ippolito – ha contestato ad Armenti di aver prestato la propria immagine per promuovere aziende di cui è direttamente parte.
Le attività finite al centro del procedimento sono due:
“Il mio viaggio a New York”, l’azienda di tour operator che ha reso Armenti celebre;
“Bukies burger & cookies”, locale aperto ad Aversa insieme ad altri soci.
Secondo l’articolo 10 del Testo Unico dei Doveri del Giornalista, “il giornalista non presta il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie”, salvo eccezioni per progetti «sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali». Le attività riconducibili ad Armenti non rientrerebbero tra queste categorie.
Parallelamente, il Consiglio ha avviato anche una segnalazione per valutare un’eventuale cancellazione dall’albo, sostenendo che Armenti non eserciterebbe più la professione da tempo.
La replica e il commento sui social
Durante l’udienza – seguita da remoto dalla sua abitazione di New York – Armenti ha ribadito il proprio diritto a promuovere le attività imprenditoriali costruite negli anni: per lui si tratta di una scelta legittima e protetta dalla Costituzione. Il Consiglio, tuttavia, ha risposto precisando che «nulla gli impedisce di fare l’imprenditore», ma che non può farlo sfruttando lo status professionale di giornalista.
La sospensione potrà essere impugnata entro 30 giorni davanti al Consiglio di Disciplina Nazionale.
Nel pomeriggio americano, Armenti ha pubblicato un video rivolgendosi ai suoi follower su Instagram, criticando apertamente la decisione:
“Secondo l’Ordine dei Giornalisti io non potrei parlare delle mie aziende? Lo faccio da quindici anni e mo’ si sono svegliati. Questa è una delle cose che vi fa capire perché sono in America e ci rimango…”
Le sue parole hanno immediatamente acceso il dibattito online, tra chi difende la libertà di comunicazione e chi sottolinea la necessità di rispettare il codice deontologico.
Il caso, ora, continua a far discutere e potrebbe aprire un nuovo confronto sul rapporto tra professione giornalistica, personal branding e attività imprenditoriale nell’era dei social media.






