Milano, 22 novembre 2025 – Per il momento può bastare Senza fine (2022), il documentario di Elisa Fuksas in cui una Ornella Vanoni già anziana riavvolge la sua storia, si confessa e ricorda. Verrebbe voglia di chiederle tutto: vita, morte, amore, ciò che ha compreso e ciò che le sfugge ancora. Ma per portare su schermo l’intera parabola della cantante – scomparsa ieri a Milano, nella sua casa, a 91 anni – servirebbe un biopic in tre capitoli, capace di attraversare film d’azione e thriller, musical e melodramma. Dentro anche la storia di un Paese, perché Vanoni ha incarnato ogni trasformazione dell’Italia, dal dopoguerra agli anni Ottanta, fino ai Duemila e ai social, dove era amatissima. La sua voce era insieme generosa, sensuale e inafferrabile, sempre con un velo di malinconia. “Scalda i cuori, non te stessa” diceva Alda Merini. “È come un profumo” aggiungeva Jovanotti.
La vita e la carriera di Ornella Vanoni
Figlia di un industriale farmaceutico milanese, Ornella Vanoni si allontana presto da casa: prima sfollata durante la guerra, poi nei collegi, con il sogno di diventare estetista per curare la sua acne. Rientra a Milano nel 1953 e lì comincia tutto: entra all’Accademia del Piccolo Teatro di Giorgio Strehler, ne diventa allieva prediletta e poi compagna. È il primo amore, intenso e tempestoso, proprio come il suo modo di interpretare, che Strehler adorava. La relazione dura pochi anni: lui faceva uso di cocaina, lei no.
Rockstar prima delle rockstar, tra le prime vere dive di un’Italia ancora impacciata, Vanoni suscita scandalo sin dall’inizio: interprete esplosiva, bella e consapevole, canta le “canzoni della mala”, scritte per lei da autori come Dario Fo. Sono brani di pura malavita – furti, rapine, omicidi – che qualcuno scambia per cronaca vissuta (ai rapper fischieranno le orecchie), ma Vanoni è avanti e lascia la scena dalla porta principale.

La storia d’amore con Gino Paoli e il rapporto con Mina
Negli anni Sessanta è già una seconda vita. Conosce Tenco e soprattutto Gino Paoli, quello che, presentando Il cielo in una stanza, si era sentito dire: “Bella, ma non è una canzone“. Il mondo sta cambiando e Vanoni diventa il vero megafono della nuova stagione dei cantautori: Paoli le scrive Senza fine, il successo che la porta in televisione e a Sanremo, dove diventa pioniera e si afferma con un altro classico, L’appuntamento (1970), musica d’autore che pochi possono maneggiare.
Il rapporto con Mina, con cui la stampa alimenta una presunta rivalità, è altalenante. Con Paoli, invece, vive forse la storia d’amore più celebre della musica italiana, prima di ritrovarsi negli anni Ottanta con l’album Insieme e il tour condiviso, ripreso poi nel 2004 con Ti ricordi? Non mi ricordo. Non smetteranno mai di interrogarli l’uno sull’altra. L’ultima volta a Sanremo 2023: entrambi superospiti, stessa serata ma momenti diversi. Nessuna reunion.
Un’artista poliedrica
Nel frattempo arriva il colpo da novanta, quello che la solleva dalla categoria della “solita stronza” (per dirla con Arbasino) e la consacra “venerata maestra”: in un’epoca in cui donne come lei dovevano ancora farsi scrivere canzoni da uomini e limitarsi a interpretarle, Vanoni si gioca tutto con magnetismo e voce. Prima compie la svolta brasiliana – il 1976 è l’anno di La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria, capolavoro con Toquinho e Vinícius de Moraes – poi quella jazz, anche con giganti come Herbie Hancock. La critica finalmente la acclama e la premia. Ne emerge un personaggio più complesso, con cadute ed eccessi, meno patinato ma sempre elegante, che gioca sulla sensualità: per molte cantanti di oggi è un riferimento assoluto, al pari di Raffaella Carrà, anche lei apripista.

Messaggi di cordoglio: l’omaggio ad Ornella Vanoni
Intanto cresce la fila di chi vuole renderle omaggio: Ornella Vanoni non è mai mancata. Nel suo ultimo Diverse – 41esimo album in studio – i classici di una vita vengono reinterpretati da grandi produttori contemporanei, con apparizioni di Elodie (sulla quale, quanto all’uso del corpo, Vanoni era molto più avanti di tanti moralisti) e Ditonellapiaga. Dimostra di poter cantare con chiunque, scegliendo però sempre con cura gli autori.
È il biglietto da visita di una signora novantenne che ha incarnato un’altra idea di vecchiaia: vivace e piena di energia, senza mascherare il tempo che passa; alla sensualità ha sostituito l’ironia (come in Toyboy, con Colapesce e Dimartino nel 2021) e vive la sua età senza più dover dimostrare nulla, senza freni inibitori (e infatti Fazio a Che tempo che fa ne era felice). Dice ciò che vuole.
La sorpresa è che spesso ci prende, al passo con i tempi, con uno sguardo attento ai giovani. È la nonna che molti vorrebbero, anche se di profilo sembrava ancora l’eterna ragazza milanese che non aveva smesso di fare concerti fino all’ultimo e giocava con la morte (come poteva essere altrimenti?). Se non proprio “senza fine”, sembra quasi che Vanoni sia sul punto di ricominciare.






