Roma, 12 settembre 2025 – L’Eurovision Song Contest 2026 è già al centro di un acceso dibattito politico e culturale, con la partecipazione di Israele che rischia di scatenare un vero e proprio caos internazionale. Quattro Paesi minacciano il ritiro dal concorso qualora lo Stato d’Israele dovesse prendere parte alla competizione: Irlanda, Paesi Bassi, Islanda e Slovenia.
Tensioni politiche attorno alla partecipazione di Israele
L’Eurovision Song Contest, evento musicale internazionale organizzato dall’Unione europea di radiodiffusione (UER) dal 1956, è storicamente uno spazio di incontro culturale tra nazioni diverse, ma non immune da polemiche politiche. Nel 2026, la possibile partecipazione di Israele, che nel corso della sua storia è stato spesso al centro di controversie politiche legate alla sua posizione nel Medio Oriente, ha provocato reazioni forti. Quattro Paesi hanno infatti minacciato di ritirarsi dal concorso se Israele dovesse essere ammesso alla competizione, sostenendo motivazioni di natura politica legate ai conflitti regionali e al riconoscimento internazionale dello Stato.
Oltre all’Irlanda, che aveva già comunicato la volontà di rinunciare a partecipare all’Eurovision se ci sarà Israele, oggi si sono Slovenia, Islanda e Paesi Bassi si sono aggiunti alla protesta. L’emittente slovena RTVSLO ha dichiarato: “Se non riusciremo a concordare un sistema di cooperazione adeguato allora non saremo presenti”.
Il tentativo di rimediare
Di fronte a una rivolta interna senza precedenti, l’EBU ha deciso di affidarsi a un consulente esterno, descritto come un “ex dirigente televisivo di alto profilo”, con il compito di avviare un dialogo strutturato e approfondito con le emittenti associate nelle prossime settimane.
Una mossa che appare come un tentativo estremo di salvare l’unità dell’organizzazione, messa a dura prova da crescenti tensioni geopolitiche e divergenze insanabili tra i membri. Secondo quanto comunicato dall’EBU, il consulente avrà il compito di raccogliere informazioni dialogando direttamente con direttori generali e altri stakeholder per capire come venga gestita attualmente la partecipazione all’interno dell’organizzazione e in che modo affrontare i conflitti politici che sempre più spesso finiscono per travolgere anche eventi culturali come l’Eurovision.
Tuttavia, secondo diversi osservatori, le posizioni all’interno dell’EBU sembrano ormai cristallizzate. Il malcontento di diverse emittenti nazionali — sfociato in prese di posizione pubbliche e minacce di boicottaggio — lascia intendere che il tempo per una mediazione potrebbe essere ormai agli sgoccioli.






