Maurizio Bini, medico ginecologo di fama e professionista attivo nel settore pubblico, è stato l’ospite di una conversazione profonda e provocatoria nel podcast Supernova condotto da Alessandro Cattelan. Con un background eclettico che include lauree in filosofia e storia e una formazione in psicoterapia e medicina cinese, il Dott. Maurizio Bini opera in campi ad alta intensità etica: la procreazione assistita e la transizione di genere. Cattelan stesso ha scherzato sul fatto che l’invito al podcast fosse dovuto a “un esempio classico di nepotismo puro” dato che Bini ha fatto nascere i suoi figli. L’intervista ha esplorato la linea sottile tra il progresso scientifico e i limiti morali, un confine che Bini sente costantemente di dover presidiare.

L’embrione conteso: etica contro ipertecnica
Il Dott. Maurizio Bini opera in un mondo dove la scienza permette di fare “tutto”, ma avverte che l’eccesso di tecnica porta alla “bassa empatia” e a dimenticare “cosa tocchi”. Questa tensione è palpabile nelle legislazioni internazionali riguardanti l’embrione. Paesi come gli Stati Uniti o quelli anglosassoni trattano l’embrione come un “oggetto”. Bini ha raccontato dei litigi con olandesi e americani, citando ad esempio i contatti prematrimoniali che stabiliscono la proprietà degli embrioni in caso di divorzio. Ancora più inquietante è l’uso della fecondazione in vitro per selezionare embrioni compatibili geneticamente con un figlio malato, scartando gli altri. Per contro, l’Italia e il Costa Rica sono gli unici Paesi a stabilire convenzionalmente che la vita nasce con l’ingresso dello spermatozoo nell’ovulo. In Italia, questo “ipervalore” fa sì che gli embrioni congelati – circa 70.000 – non possano essere distrutti, donati o studiati, rimanendo ad aeternum. In questo contesto normativo duro, ma con un giudiziario assente, Bini sostiene che l’etica è un elemento che il medico “se la deve portare da casa, se ce l’ha ce l’ha, se non ce l’ha fa tutto quello che vuole e nessuno potrà mai controllarlo”.
Transizione e la necessità di aspettative realistiche
L’altra grande specializzazione di Maurizio Bini è la transizione di genere, soprattutto con i minori. Il medico affronta ogni caso con l’obiettivo di “mettere in accordo quella testa e quel corpo che non van d’accordo senza tagliarlo a fette”. In un campo dove il “denaro è una cosa che inquina tantissimo”, specialmente nelle pratiche private dove l’automedicazione ormonale può portare a gravi conseguenze sanitarie, Bini impone cautela. Ai suoi pazienti raccomanda di non avere fretta: “non volete correre perché se correte io rallento”. Questo perché le aspettative devono essere realistiche. Il tasso di detransizione è alto nei minori (fino al 70% sotto i 13 anni torna indietro). Bini nota una preoccupante emergenza globale: un incremento delle richieste F2M (donna verso uomo, con un rapporto di 6:1 rispetto a M2F), che potrebbe non essere un semplice aumento di diritti, ma il risultato di società che spingono per definizioni di genere più rigide. In questi contesti, a volte la donna percepisce che transitare è un “vantaggio” sociale o pratico, una scelta che Bini non avalla se non è dettata da una reale sofferenza legata al corpo.
La multidisciplinarietà di Bini – che unisce il rigore medico alla comprensione filosofica e psicologica – gli permette di affrontare la complessità umana nella sua interezza, sostenendo che l’uomo debba essere visto “tutto intero fisico e psichico”.






