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Home Scienze

Errore cosmico o miracolo? Svelato per caso il segreto di un buco nero grande come il nostro sistema solare

by Andrea Casamassima
18 Settembre 2025

A volte, le più grandi scoperte nascono da qualcosa che sembra un semplice errore. Un gruppo di astronomi stava analizzando dati vecchi di decenni quando ha notato uno “sfarfallio” anomalo nella luce di un quasar lontanissimo. “Questo non sembra corretto”, hanno pensato. Ma non era un errore. Era l’universo che, grazie a un allineamento cosmico quasi impossibile, aveva creato un “doppio zoom” naturale, permettendoci di sbirciare nel cuore di un buco nero come mai prima d’ora.

Il risultato? La prima misurazione diretta della corona di un buco nero, una struttura infernale di gas surriscaldato che si è rivelata grande quanto il nostro intero Sistema Solare. Una scoperta che sta costringendo gli scienziati a riscrivere quello che pensavano di sapere su come questi mostri cosmici si nutrono e crescono.

Un “doppio zoom” cosmico: come l’universo ha creato il telescopio perfetto

Come hanno fatto a ottenere un dettaglio così pazzesco da 6 miliardi di anni luce di distanza? Non con un solo telescopio, ma con due “lenti” naturali fornite dall’universo stesso, un fenomeno previsto da Einstein.

  1. La Lente Gigante: A metà strada tra noi e il quasar RX J1131, c’è un’enorme galassia. La sua massa è così immensa che la sua gravità curva la luce del quasar che le passa accanto, agendo come una gigantesca lente d’ingrandimento. Questa “lente gravitazionale forte” non solo amplifica la luce, ma la sdoppia in quattro immagini distinte dello stesso oggetto.
  2. Le Micro-Lenti in Movimento: E qui arriva il colpo di genio. Dentro quella galassia-lente, miliardi di singole stelle si muovono. Ognuna di esse agisce come una piccola lente d’ingrandimento mobile (“microlensing”). Passando davanti alle diverse parti della sorgente luminosa, hanno amplificato in modo casuale e indipendente piccole porzioni della corona del buco nero.

Il risultato è stato uno “sfarfallio” irregolare nelle quattro immagini del quasar. Ed è proprio analizzando questo tremolio che gli scienziati hanno potuto mappare la struttura dietro di esso.

La scoperta: una corona mostruosa, il “guardiano” del buco nero

Grazie a questo trucco cosmico, è stata misurata la dimensione della corona di RX J1131: circa 50 Unità Astronomiche. Per capirci, è una distanza così vasta che, se questo buco nero fosse al posto del nostro Sole, la sua corona inghiottirebbe tutti i pianeti, da Mercurio fino a Plutone e oltre.

Ma cos’è la corona? Non è solo un anello di gas. È la “sala di controllo” del buco nero. È una regione caotica dove campi magnetici potentissimi decidono il destino della materia: cosa viene divorato per sempre dal buco nero e cosa viene sparato via a velocità prossime a quelle della luce sotto forma di getti galattici, getti di energia in grado di plasmare intere galassie.

Perché questa scoperta cambia tutto (e riscrive i libri di testo)

Questa non è solo una misurazione da record. È una scoperta che ribalta le nostre convinzioni.

Fino ad oggi, si pensava che l’emissione di luce da questa regione fosse relativamente stabile. Questo studio ha dimostrato che non è affatto così: la corona varia e “trema” su scale di tempo brevissime, anche in meno di un giorno. Questo significa che il “guardiano” del buco nero è molto più dinamico e caotico di quanto immaginassimo. Capire queste variazioni è la chiave per svelare finalmente il mistero di come i buchi neri supermassicci crescano fino a diventare miliardi di volte più massicci del nostro Sole

Una corsa contro il tempo: la scoperta arriva mentre un telescopio chiave rischia di spegnersi

Proprio quando gli scienziati capiscono che per studiare questi fenomeni servono osservazioni coordinate a diverse lunghezze d’onda (radio e raggi X), arriva una doccia fredda. Il Chandra X-ray Observatory della NASA, uno dei telescopi a raggi X più potenti mai costruiti e fondamentale per questo tipo di studi, è sotto minaccia di chiusura a causa di tagli al budget.

È una vera e propria corsa contro il tempo. La speranza è ora affidata a telescopi futuri come il Vera Rubin Observatory, che scoverà migliaia di nuovi quasar “lenti” da studiare. Abbiamo avuto un assaggio dell’incredibile potenza dell’universo grazie a un colpo di fortuna cosmico; ora la sfida è riuscire a costruire gli strumenti per continuare a guardare, prima che si spengano le luci.

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