Una storia che intreccia biologia, chimica, cultura underground e nuove frontiere della ricerca scientifica. Perché dietro l’idea quasi folkloristica di “leccare un rospo” si nasconde in realtà uno dei più potenti allucinogeni naturali conosciuti dall’uomo. Nel suo penultimo video, lo youtuber Ale Della Giusta racconta un viaggio in Messico che ha dell’incredibile: non una semplice avventura on the road, ma un’esperienza al limite tra documentario, rito iniziatico e racconto psichedelico. Al centro del video c’è una sostanza potentissima, naturale e controversa, ricavata da un animale insospettabile: il rospo Bufo alvarius.

Il Bufo alvarius, il rospo psichedelico del deserto
Il protagonista di questa vicenda è un anfibio dall’aspetto tutt’altro che affascinante. Il Bufo alvarius, noto anche come rospo del deserto di Sonora o del fiume Colorado, vive tra il nord del Messico e il sud-ovest degli Stati Uniti. Il suo nome scientifico è Incilius alvarius, ma viene comunemente chiamato Bufo proprio per la famiglia di appartenenza, quella dei bufonidi. Come molti suoi “parenti”, presenta pelle rugosa, corporatura tozza, zampe corte e pupille orizzontali.
C’è però una caratteristica che rende il Bufo unico al mondo. Dietro gli occhi, sulla schiena, possiede delle ghiandole particolari chiamate ghiandole parotoidi. Queste strutture secernono una sostanza tossica utilizzata come meccanismo di difesa contro i predatori. Nella maggior parte dei rospi bufonidi questo veleno è semplicemente urticante o, in alcuni casi, letale. Nel caso del Bufo alvarius, invece, il secreto è un liquido bianco e lattiginoso ricco di bufotenina, una sostanza in grado di provocare potenti effetti psicotropi.
Dal veleno alla 5-MeO-DMT: una chimica naturale potentissima
La bufotenina non è una molecola esclusiva del Bufo alvarius: è presente anche in altre specie di rospi. Ciò che rende questo anfibio davvero speciale è la quantità prodotta e, soprattutto, la sua capacità di biosintetizzare una sostanza ancora più potente: la 5-MeO-DMT. Grazie a un particolare enzima contenuto nei lobuli sottocutanei, il Bufo riesce a trasformare la bufotenina in questo composto psichedelico estremamente attivo sul cervello umano.
Contrariamente alla credenza popolare, chi assume questa sostanza non lecca quasi mai direttamente il rospo. Farlo sarebbe non solo inefficace, ma anche estremamente pericoloso. Il metodo più diffuso consiste nello “spremere” delicatamente le ghiandole del Bufo, raccogliere il veleno, farlo essiccare e poi fumarlo. Questo processo consente un maggiore controllo delle dosi e riduce i rischi legati ad altre sostanze tossiche presenti nel secreto, come le bufotossine, che possono causare gravi problemi cardiaci, tachicardia e persino infarti.
Effetti psichedelici: euforia, allucinazioni e dissoluzione dell’ego
Quando il veleno del Bufo alvarius viene fumato, gli effetti sono rapidissimi. In meno di un minuto la sostanza viene assorbita dagli alveoli polmonari, entra nel sangue e raggiunge il cervello. Le prime reazioni fisiche includono tachicardia e ipertermia, seguite dall’azione diretta delle molecole di bufotenina e 5-MeO-DMT sui recettori della serotonina, il cosiddetto “neurotrasmettitore della felicità”.
Il risultato è un’intensa esperienza psichedelica: euforia, amplificazione delle sensazioni, allucinazioni visive e uditive. In alcuni casi si manifesta la sinestesia, un fenomeno in cui i sensi si mescolano, dando l’impressione di “vedere i suoni” o “sentire i colori”. Rispetto a LSD o psilocibina, le allucinazioni del Bufo sono spesso descritte come meno elaborate, ma molto più profonda è la sensazione di dissoluzione dell’ego e di connessione totale con l’universo.
Non mancano però gli effetti collaterali: nausea, vomito, perdita di sensi, amnesie temporanee, spasmi muscolari e dissociazione dalla realtà. Il cosiddetto “trip” è intenso ma breve: dura dai 5 ai 20 minuti. Un tempo ridotto che non esclude, però, la possibilità di bad trip, esperienze angoscianti e disturbanti che alcune testimonianze descrivono come veri e propri incubi a occhi aperti.
Tra rischio e ricerca: il futuro del Bufo nella medicina
Negli ultimi anni, il Bufo alvarius e la 5-MeO-DMT sono diventati oggetto di crescente interesse scientifico. Alcuni studi preliminari suggeriscono che, se assunta in dosi controllate e in contesti clinici, questa sostanza potrebbe ridurre rapidamente i sintomi di depressione, ansia e stress. Un potenziale terapeutico che apre scenari affascinanti, ma che richiede cautela, regolamentazione e ulteriori ricerche.
Il racconto di Ale Della Giusta ha contribuito a riportare l’attenzione su questa pratica antica e controversa, mostrando quanto sottile sia il confine tra esperienza, pericolo e conoscenza. Il Bufo resta un simbolo potente: un animale che ricorda come la natura possa essere al tempo stesso maestra, tentazione e rischio. E come, anche nel caso di un semplice rospo del deserto, dietro la pelle rugosa possa nascondersi un viaggio capace di cambiare la percezione della realtà.






