Milano, 12 dicembre 2025 – In Italia le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare la prima causa di morte, con un’incidenza che sfiora il 35% del totale dei decessi. Tuttavia, nel campo dell’infarto miocardico acuto, si registra un importante miglioramento grazie a una diagnosi più tempestiva e alla diffusione di informazioni corrette sulla prevenzione. Fondamentale è dunque il riconoscimento precoce dei sintomi, sia da parte dei pazienti che dei medici, per intervenire rapidamente e salvare vite.
I sintomi dell’infarto: un quadro più ampio oltre il classico dolore toracico
Tradizionalmente, il sintomo più noto dell’infarto miocardico acuto è il dolore toracico, ma le più recenti linee guida pubblicate dalla prestigiosa rivista Circulation e sviluppate dall’American Heart Association e dall’American College of Cardiology sottolineano l’importanza di considerare anche altri segnali associati.
Il professor Giulio Stefanini, cardiologo interventista di fama internazionale presso Humanitas e docente di Humanitas University, spiega:
“Il dolore toracico è un campanello d’allarme fondamentale, ma è la sua natura e l’associazione con altri sintomi a indirizzare la diagnosi. Sintomi come il respiro corto, l’irradiazione del dolore verso le braccia, le spalle o il collo, e manifestazioni meno riconosciute come la nausea, devono essere attentamente valutati”.

Differenze di genere nei sintomi dell’infarto
Un aspetto cruciale evidenziato dal professor Stefanini riguarda le differenze di presentazione dei sintomi nei due sessi. Le donne spesso manifestano sintomi “atipici”:
“Non sempre il dolore è localizzato al centro del petto, ma può interessare le spalle, la schiena o presentarsi come una ridotta tolleranza all’esercizio fisico. La nausea e altri sintomi meno specifici richiedono particolare attenzione per evitare diagnosi tardive”.
Negli uomini, invece, il quadro è più frequentemente caratterizzato da un dolore oppressivo al centro del petto, di durata superiore ai 10-15 minuti, accompagnato da difficoltà respiratorie. “Questo tipo di sintomatologia deve indurre a richiedere immediatamente assistenza medica“, rimarca Stefanini.
L’importanza di un intervento rapido e della prevenzione
I dati epidemiologici indicano che solo il 5% dei pazienti adulti che si presentano in pronto soccorso per dolore toracico non è affetto da una sindrome coronarica acuta. La tempestività nell’intervento terapeutico è quindi essenziale per ridurre la mortalità, che attualmente in Italia si attesta intorno all’11% per l’infarto miocardico acuto, con aspettative di ulteriore miglioramento grazie alle nuove strategie diagnostiche e terapeutiche.
Le terapie più efficaci puntano a ripristinare rapidamente il flusso sanguigno coronarico, attraverso la somministrazione di farmaci trombolitici, antiaggreganti e l’angioplastica coronarica con impianto di stent, procedure nelle quali il professor Stefanini è tra i massimi esperti a livello internazionale.
Profilo e contributi del professor Giulio Stefanini
Nato a Roma, il professor Stefanini si è formato presso l’Università La Sapienza, integrando la sua esperienza a livello internazionale presso l’Università di Berna grazie a borse di studio europee. Dal 2015 è cardiologo interventista all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e docente presso Humanitas University, dove coordina attività di ricerca clinica nel Cardio Center.
La sua carriera scientifica è contraddistinta da oltre 80 pubblicazioni su riviste di rilievo come The New England Journal of Medicine, Lancet e European Heart Journal. Stefanini ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio William Harvey della Società Italiana di Cardiologia e il research grant della European Association for Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI). È stato membro di task force europee per la stesura delle linee guida sulla rivascolarizzazione miocardica e attualmente è Co-Chair del Comitato Scientifico EAPCI e Editor-in-Chief del Giornale Italiano di Cardiologia Invasiva.
Diagnosi e prevenzione: cosa fare in caso di sospetto infarto
La diagnosi si basa su un’attenta valutazione clinica, con il supporto di esami strumentali come l’elettrocardiogramma e dosaggi ematici di marcatori cardiaci (troponine). L’intervento precoce, entro la cosiddetta “golden hour”, è cruciale per limitare il danno ischemico e migliorare la prognosi.
Prevenire l’infarto significa anche agire sui fattori di rischio modificabili, quali il fumo, la sedentarietà, l’alimentazione scorretta, l’ipertensione, il diabete e l’ipercolesterolemia. L’adozione di uno stile di vita sano, affiancata da controlli medici regolari, costituisce la strategia più efficace per ridurre l’incidenza dell’evento.
Le malattie cardiovascolari rimangono dunque una sfida sanitaria significativa, ma i progressi nella ricerca e nella pratica clinica offrono oggi strumenti più efficaci per il riconoscimento precoce e il trattamento dell’infarto miocardico acuto, con un impatto positivo sulla sopravvivenza e sulla qualità della vita dei pazienti.




