Roma, 10 dicembre 2025 – In Italia si registrano ogni giorno circa 600 infarti, di cui la metà riguarda persone che non hanno mai avuto precedenti eventi cardiovascolari. Questo dato allarma e spinge la Società Italiana di Cardiologia (SIC) a rinnovare l’impegno nella prevenzione primaria, spostando il focus dalla tradizionale prevenzione secondaria a un approccio più proattivo, volto a evitare il manifestarsi del primo infarto.
Allarme infarti in Italia
Parola d’ordine: non aspettare l’evento acuto. Il presidente della SIC, Pasquale Perrone Filardi, docente ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare all’Università Federico II di Napoli, sottolinea come la sfida sia ora quella di curare la malattia aterosclerotica sin dalle fasi iniziali. “Le nuove linee guida europee sulle dislipidemie puntano a stabilizzare le placche aterosclerotiche per impedire i primi infarti,” precisa Perrone Filardi durante l’ultimo congresso nazionale tenutosi a Roma.
L’innovazione principale riguarda l’adozione tempestiva di terapie più efficaci in associazione alle statine anche per chi non ha mai avuto un evento cardiovascolare. Questa categoria, che rappresenta circa 300 persone ogni giorno tra i 600 infarti complessivi, è ora al centro di una strategia di prevenzione primaria più aggressiva.
Il ruolo cruciale degli inibitori di PCSK9
Tra i farmaci innovativi, spicca evolocumab, un anticorpo monoclonale inibitore della PCSK9 che, in associazione alle statine, ha dimostrato un significativo beneficio nella riduzione del rischio di infarto e ictus anche in pazienti ad alto rischio senza precedenti eventi cardiovascolari. Questo risultato emerge dallo studio VESALIUS-CV, pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha seguito per oltre quattro anni 12.300 pazienti.
Come evidenzia il cardiologo Ciro Indolfi, professore straordinario all’Università di Cosenza e past-president della SIC, “per la prima volta un inibitore di PCSK9 ha dimostrato efficacia in prevenzione primaria, aprendo la strada a nuove opportunità per salvare migliaia di vite ogni anno”.
Inoltre, la ricerca si sta orientando verso nuove formulazioni, come enlicitide, un inibitore di PCSK9 somministrabile per via orale, che potrebbe facilitare ulteriormente l’aderenza terapeutica.
L’aderenza terapeutica: un nodo critico da sciogliere
Nonostante i progressi farmacologici, permangono importanti criticità legate all’aderenza alle terapie. Secondo Gianfranco Sinagra, presidente eletto della SIC e direttore della Scuola di Specializzazione in Cardiologia all’Università di Trieste, “soltanto il 16,8% dei pazienti ad alto rischio raggiunge il target di colesterolo LDL inferiore a 70 mg/dl, e appena l’8% di quelli ad altissimo rischio scende sotto i 55 mg/dl”.
La scarsa aderenza è spesso attribuita a una presunta intolleranza alle statine, che è in realtà reale solo nel 5-6% dei casi. Migliorare la compliance terapeutica rimane dunque una priorità per ottimizzare la prevenzione e ridurre l’incidenza degli eventi cardiovascolari.
Nuove frontiere diagnostiche e terapeutiche nella cardiologia
Parallelamente alla prevenzione farmacologica, si sviluppano anche tecniche avanzate di valutazione della fisiologia coronarica, come l’approccio FullPhysiology, che consente un’analisi completa del circolo coronarico epicardico, microvascolare e vasomotorio. Questi strumenti, già adottati in centri di eccellenza, permettono di identificare con maggior precisione i pazienti a rischio di coronaropatia ischemica non ostruttiva, migliorando la diagnosi e la personalizzazione delle terapie.
La combinazione di queste innovazioni rappresenta un passo avanti decisivo nella lotta alle malattie cardiovascolari, che restano la principale causa di morte in Italia. La SIC continua a promuovere la formazione continua per i cardiologi italiani, garantendo aggiornamenti costanti sulle ultime evidenze scientifiche e sulle nuove linee guida, così da garantire ai pazienti un’assistenza sempre più efficace e personalizzata.






