Analizzare gli esiti delle precedenti votazioni non solo aiuta a comprendere le tendenze della partecipazione elettorale, ma permette anche di valutare l’efficacia dello strumento referendario nel contesto politico contemporaneo
Nel panorama politico italiano, il referendum rappresenta uno degli strumenti più significativi di democrazia diretta, attraverso il quale i cittadini possono esprimersi direttamente su questioni legislative o costituzionali. Mentre il Paese si prepara a votare i referendum dell’8 e 9 giugno 2025, che coinvolgeranno tematiche delicate come il lavoro e la cittadinanza, è utile ripercorrere gli esiti delle ultime cinque consultazioni referendarie svoltesi in Italia. Analizzare questi risultati non solo aiuta a comprendere le tendenze della partecipazione elettorale, ma permette anche di valutare l’efficacia dello strumento referendario nel contesto politico contemporaneo. Di seguito, un’analisi dettagliata dei cinque più recenti referendum italiani, tenendo conto di affluenza, risultati e significato politico.
Referendum giustizia 2022: una consultazione ignorata dagli elettori
Il referendum abrogativo sulla giustizia del 12 giugno 2022 è stato uno dei più discussi degli ultimi anni, sia per i temi trattati sia per il clamoroso fallimento in termini di affluenza. Promosso principalmente dalla Lega e dal Partito Radicale, il pacchetto referendario includeva cinque quesiti relativi alla riforma del sistema giudiziario: la separazione delle carriere dei magistrati, la valutazione degli stessi, la limitazione delle misure cautelari, la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e l’abrogazione della Legge Severino. Nonostante l’importanza delle questioni in gioco, solo il 20,9% degli aventi diritto si recò alle urne.

Nessuno dei quesiti raggiunse il quorum del 50% più uno, rendendo inefficace l’intera tornata referendaria. Questo dato segnò un record negativo, ponendo interrogativi sulla capacità dello strumento referendario di mobilitare l’opinione pubblica quando i temi, per quanto tecnici e rilevanti, risultano percepiti come distanti dalla vita quotidiana dei cittadini.
Referendum sul taglio dei parlamentari 2020: una riforma approvata a larga maggioranza
Il referendum costituzionale del 20 e 21 settembre 2020 rappresentò invece un’eccezione recente al trend dell’astensionismo. In questa occasione, gli italiani furono chiamati a confermare o respingere una legge costituzionale che prevedeva il taglio del numero dei parlamentari: da 630 a 400 alla Camera dei deputati e da 315 a 200 al Senato. Il referendum fu confermativo, quindi non soggetto a quorum, e vide un’affluenza pari al 51,12%. La vittoria del “Sì” fu netta, con il 69,96% dei votanti favorevoli alla riduzione del numero di parlamentari. Il dibattito pubblico si concentrò soprattutto sulla necessità di rendere il Parlamento più snello ed efficiente, sebbene molti osservatori sottolineassero come la riduzione numerica non comportasse automaticamente una maggiore qualità legislativa. La consultazione avvenne in un clima condizionato dalla pandemia di Covid-19, ma ciò non impedì un buon livello di partecipazione, probabilmente anche grazie al fatto che il quesito era di facile comprensione e con implicazioni istituzionali chiare.
Referendum Renzi-Boschi 2016: una riforma costituzionale bocciata
Il 4 dicembre 2016 si è svolto uno dei referendum costituzionali più significativi degli ultimi decenni, quello sulla riforma Renzi-Boschi. La proposta prevedeva modifiche sostanziali alla Costituzione del 1948, tra cui la trasformazione del Senato in un organo non elettivo, la fine del bicameralismo perfetto e una nuova distribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni. L’affluenza fu molto alta, con il 65,47% degli elettori che si recarono alle urne. Il risultato fu una netta bocciatura della riforma: il 59,12% votò “No”, contro il 40,88% di voti favorevoli. L’esito ebbe immediate conseguenze politiche: il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che aveva fortemente personalizzato la campagna referendaria, si dimise nella notte stessa del voto. Questo referendum segnò un momento cruciale per la politica italiana, rivelando una profonda spaccatura tra le istituzioni e l’elettorato e rilanciando il dibattito sull’opportunità di riformare l’architettura costituzionale del Paese.
Referendum sulle trivellazioni 2016: un tema ambientale che non mobilita
Il referendum abrogativo del 17 aprile 2016 si concentrò su una questione ambientale molto specifica: la durata delle concessioni per le trivellazioni di idrocarburi in mare entro le 12 miglia dalla costa. Promosso da nove consigli regionali, il quesito chiedeva se abrogare la norma che permetteva alle società petrolifere di continuare a estrarre fino all’esaurimento del giacimento, senza limiti temporali. Nonostante la campagna referendaria si fosse accesa soprattutto nei territori costieri, l’affluenza si fermò al 31,2%, ben al di sotto del quorum necessario. Tuttavia, tra chi votò, l’85,8% si espresse per il “Sì”, evidenziando una netta posizione contraria alle trivellazioni sottomarine. Questo referendum portò all’attenzione nazionale il tema della sostenibilità ambientale e del futuro energetico dell’Italia, ma la mancata partecipazione ne vanificò gli effetti normativi. Rimane comunque una delle consultazioni più emblematiche del divario tra l’interesse locale e la mobilitazione nazionale.
Referendum 2011: acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento
Chiude questa rassegna il referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011, una consultazione che rappresenta un punto alto nella recente storia referendaria italiana. In quell’occasione si votò su quattro quesiti: due riguardavano la gestione dei servizi idrici, uno l’utilizzo dell’energia nucleare e uno il legittimo impedimento per premier e ministri. L’affluenza superò il quorum, raggiungendo il 54,8% degli aventi diritto. Tutti e quattro i quesiti furono approvati con percentuali superiori al 94% di voti favorevoli. Il risultato ebbe un forte impatto politico, sancendo la volontà popolare di mantenere il controllo pubblico sull’acqua, di abbandonare definitivamente il nucleare (a pochi mesi dal disastro di Fukushima) e di limitare le prerogative giudiziarie della classe politica. La consultazione del 2011 è tuttora ricordata come una delle più partecipate e incisive, in cui il referendum si rivelò uno strumento efficace di indirizzo politico e legislativo.
Il referendum come termometro della democrazia italiana
Gli esiti degli ultimi cinque referendum svolti in Italia mostrano come questo strumento democratico abbia avuto fortune alterne. Da un lato, quando i quesiti sono chiari e sentiti dalla cittadinanza, come nel caso del 2011 o del 2020, il referendum riesce a mobilitare l’elettorato e a incidere significativamente sulla vita politica e legislativa del Paese. Dall’altro, consultazioni percepite come tecniche o distanti, come quelle del 2022 o del 2016 sulle trivelle, rischiano di trasformarsi in occasioni mancate, soprattutto a causa della bassa affluenza.