Nessun fiocco rosa o azzurro per annunciare la nascita del piccolo Aronne, figlio dell’assessora alle Politiche sociali del Comune di Padova, Margherita Colonnello. La decisione era stata anticipata dalla stessa esponente dem lo scorso 31 maggio, in occasione del Pride, quando aveva spiegato che avrebbe scelto il simbolo dell’arcobaleno al posto dei tradizionali colori legati al genere.
La promessa mantenuta
“Caro bambino, cara bambina – aveva dichiarato in quell’occasione – non avrai un fiocco rosa o azzurro, ma uno arcobaleno perché tutti i colori hanno la loro bellezza. Sarai tu a scegliere: forse il rosa, forse il blu, o magari il verde, il rosso o il giallo”. Una decina di giorni dopo la nascita del figlio, la promessa si è concretizzata con l’affissione di cinque fiocchi multicolori sulla porta del suo ufficio a Palazzo Moroni.
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Le critiche politiche
La scelta ha suscitato immediatamente reazioni polemiche. Il consigliere regionale Luciano Sandonà ha definito l’iniziativa un segnale ideologico, ricordando che “alla nascita, salvo rari casi clinici, si viene al mondo come maschio o femmina”. Sandonà ha accusato l’assessora di voler confondere i bambini e l’ha invitata ironicamente a frequentare lezioni di anatomia all’Università di Padova, sottolineando che “i sessi sono diversi e la natura stessa ce lo ricorda”.
Il significato del nome
Il bambino, nato il 14 agosto, è stato chiamato Aronne. Colonnello, in un post pubblicato su Instagram insieme al marito Cosimo Cacciavillani, ha raccontato la scelta: “È un nome che attraversa secoli e culture, legato alla terra, all’ulivo, alla vite e al vento del Mediterraneo. Era anche il nome di un tuo bis-bisnonno che da giovanissimo prese parte alle barricate dell’Oltretorrente. Con questo nome ti auguriamo di scegliere sempre la luce, la speranza e l’amore di fronte a ciò che incontrerai”.
Le reazioni della Lega
Il caso ha attirato l’attenzione anche a livello politico nazionale. Il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ha espresso auguri alla famiglia ma si è chiesto “se fosse davvero necessario tutto questo”. Più duro il commento del deputato leghista Rossano Sasso, capogruppo in Commissione Cultura alla Camera, che ha accusato l’assessora di “strumentalizzare un neonato a fini propagandistici”. Secondo Sasso, sostenere che il bambino costruirà da sé la propria identità significa esporlo a confusione e fragilità, trasformando una scelta personale in “una battaglia ideologica”.




