Milano, 1 dicembre 2025 – Ospite della nuova puntata del BSMT di Gianluca Gazzoli, il procuratore Nicola Gratteri, noto per la sua lotta contro la criminalità organizzata, offre una panoramica dettagliata sulle mafie moderne, in particolare la ‘Ndrangheta, spiegando come esse si siano evolute da gruppi violenti a entità finanziarie e imprenditoriali che dominano il traffico internazionale di cocaina. Il magistrato critica aspramente l’impatto culturale e mediatico delle serie TV che tendono a mitizzare i criminali, sminuendo l’importanza dei modelli positivi come insegnanti ed educatori.
La discussione tocca anche le sfide del sistema giudiziario italiano, citando gli effetti negativi di recenti riforme come quella Cartabia e la proposta di separazione delle carriere dei magistrati. Infine, Gratteri condivide la sua esperienza personale di vita sotto scorta dal 1989, ribadendo la necessità di coerenza, onestà e coraggio per chi sceglie di servire la giustizia e la legalità.
L’evoluzione della Mafia
Nicola Gratteri illustra come le mafie mutino continuamente, trasformandosi con il mutare sociale e assomigliando sempre più alla società stessa. Le organizzazioni criminali oggi sono sempre meno violente e sempre più inserite nel contesto sociale, mimetizzandosi facilmente, soprattutto nei settori dell’imprenditoria, della finanza e dell’economia.
L’evoluzione strategica della mafia è dovuta al fatto che non hanno più bisogno di uccidere. Questo avviene perché, negli ultimi decenni, la società è diventata più facilmente “prostituibile,” con meno etica, facilitando la penetrazione dei mafiosi in contesti prima inaccessibili. Oggi, le mafie, ricche e storiche come la ‘Ndrangheta, non cercano più il killer, ma esperti di finanza e criptovalute.

Il dominio della ‘Ndrangheta secondo Nicola Gratteri
Attualmente, la ‘Ndrangheta è la mafia più ricca. Ha consolidato questa posizione riuscendo a gestire l’importazione all’ingrosso della cocaina dalla Colombia, ottenendo prezzi concorrenziali in Sud America e facendo arrivare in Europa tonnellate di droga. Mentre Cosa Nostra era impegnata nello stragismo negli anni ’90, la ‘Ndrangheta intuì il bisogno di cocaina delle nuove generazioni e inviò broker per acquistarla al prezzo più basso. Dal porto di Gioia Tauro, dove attraccano le navi più grandi del mondo, la cocaina, che costa circa €1.500 al chilo nella foresta amazzonica, esce a un prezzo di circa €35.000 a causa dei costi di “sdoganamento” e del rischio. Gratteri aggiunge che oggi una nuova minaccia è rappresentata dalla mafia albanese, una mafia strutturata che sta emergendo ed è già in joint venture con la ‘Ndrangheta in Sud America.
Un aneddoto illuminante sulla logica mafiosa viene da un importante capo della ‘Ndrangheta arrestato: “Noi siamo qui perché non abbiamo fatto quello che dovevamo. Si uccide o non si uccide, non per coraggio, per mancanza di coraggio“. E ha aggiunto: “Se il coraggio fosse sangue, il mare sarebbe rosso“. Questo chiarisce che la ‘Ndrangheta ha sempre razionalizzato le morti, calcolando i costi e i benefici.
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L’effetto dannoso delle serie TV
Il procuratore Nicola Gratteri critica aspramente la rappresentazione mediatica della mafia, definendola complice nella narrazione del male. La cinematografia e la saggistica tendono a mostrare il mafioso come un superuomo, un uomo giusto che interviene per fare giustizia. Esempi come Il Padrino hanno convinto generazioni che quella fosse la vera Cosa Nostra, che in realtà non è mai esistita in quella forma, essendo le mafie sempre state vigliacche e parassitarie.
Le serie TV e le fiction recenti esacerbano il problema, mostrando un’ora di violenza senza la presenza di figure positive (insegnanti, preti, poliziotti o magistrati). L’anno successivo, le serie sono ancora più violente poiché gli spettatori si sono assuefatti. Gratteri si chiede se i produttori si pongano il problema dell’effetto sui ragazzi nell’età evolutiva. Il danno non è informazione o cultura. Egli osserva che, pochi giorni dopo, vede ragazzini di 11 anni vestirsi e avere il taglio di capelli esattamente come il killer della serie televisiva.
Anche quando il “cattivo” perde, la narrazione spesso mostra solo la vittoria di un violento su un altro violento, senza una società civile che vinca, lasciando ai giovani solo la scelta del male sul male.
Le sfide del sistema giudiziario e le riforme (Cartabia e separazione delle carriere)
Il sistema giudiziario italiano è strutturato con i magistrati suddivisi in giudici e pubblici ministeri (PM). Il sistema è in crisi non per l’inefficienza dei singoli, ma per la mancanza di risorse: i magistrati italiani sono i più laboriosi d’Europa, ma i processi durano di più perché, in proporzione alla popolazione, il numero di magistrati italiani è la metà rispetto agli altri paesi europei.
Nicola Gratteri critica duramente due aspetti della Riforma Cartabia.
- avviso di indagine per reati comuni: per reati comuni (es. spacciatori), prima dell’arresto, l’indagato deve essere avvertito e lasciato libero per almeno 5 giorni per consultare le carte con il suo avvocato. Ciò consente allo spacciatore, una volta letta la denuncia (che rivela il nome del denunciante, ad esempio, una madre disperata), di scappare o distruggere le prove (bilancino, bustine, cocaina).
- Improcedibilità (Appello): se la sentenza d’Appello non viene emessa entro 2 anni dalla sentenza di primo grado, la sentenza di primo grado è come se non fosse mai stata emessa. Gratteri prevede che ciò causerà l’annullamento del 50% delle condanne di primo grado, specialmente nei processi per omicidio colposo (es. incidenti sul lavoro), privando le vittime di risposte giudiziarie.
Riguardo alla separazione delle carriere, Gratteri esprime forte contrarietà. Sebbene molti votino “Sì” al referendum per vendicarsi dei magistrati a causa della lunghezza dei processi, l’obiettivo finale della riforma è sottrarre il PM alla giurisdizione e metterlo alle dipendenze del Ministro della Giustizia (potere esecutivo). Questo permetterebbe al Ministro di stabilire le priorità investigative (es. dare precedenza alle truffe online). Per Gratteri, un PM deve operare con serenità, sapendo che sopra la sua testa c’è solo il codice e le leggi, senza condizionamenti politici. Egli voterà “No” alla separazione.

L’esperienza di vita sotto scorta
La vita sotto scorta di Gratteri è iniziata nell’89, solo tre anni dopo aver iniziato la sua carriera (nel 1986). Iniziò quando era Giudice Istruttore penale a Locri, indagando sul traffico internazionale di cocaina e la pubblica amministrazione.
Il punto di svolta fu quando spararono alla porta di casa della sua fidanzata (poi moglie) e le dissero telefonicamente: “Stai sposando un uomo morto?“. All’epoca, un killer circolava con un bazooka per cercarlo.
Questa vita, che descrive come un “crescendo” di tensione, lo ha costretto a sviluppare nervi d’acciaio e a controllare le emozioni per non cadere nelle provocazioni dei delinquenti.
La scorta comporta enormi limitazioni personali: non può fare nemmeno 10 metri da solo, non può andare al ristorante, al mare, a un concerto, né in motocicletta o bicicletta, passioni che gli piacerebbe riprendere. Il rapporto con la famiglia è stato durissimo: i figli non lo riconoscevano da piccoli, in quanto tornava a casa raramente. Sua moglie ha dovuto resistere allo stress e si è sostituita a lui facendo da padre e da madre.
Riguardo alla paura, Gratteri afferma che la avverte quando la “lingua diventa amara” o percepisce movimenti insoliti, ma la paura deve essere addomesticata. Per lui, vivere da vigliacco, deviando dal proprio percorso di giustizia, non ha senso. Ciò che lo fa resistere per decenni è la convinzione che quello che sta facendo è giusto e serve, contribuendo a rendere il territorio più vivibile e democratico, restituendo il sorriso alla gente.






