Ancona, 18 novembre 2025 – È scoppiata una nuova polemica politica e sociale a seguito delle dichiarazioni della consigliera comunale di Fratelli d’Italia (FdI) di Ancona, Maria Grazia De Angelis, che ha minimizzato il fenomeno dei femminicidi, definendoli semplicemente omicidi. Le sue affermazioni, rilasciate durante la seduta del Consiglio comunale, hanno suscitato reazioni immediate e dure da parte di sindacati e associazioni che si occupano di contrasto alla violenza di genere.

Le dichiarazioni di Maria Grazia De Angelis
Nel corso del suo intervento, De Angelis ha contestato l’efficacia dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole come strumento per ridurre la violenza contro le donne. La consigliera ha citato dati provenienti da diversi Paesi europei, sostenendo che in nazioni come Francia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Lettonia e Germania, dove l’educazione sessuale è obbligatoria o diffusa, non si è registrata una diminuzione degli omicidi femminili. Anzi, ha sottolineato un aumento nel 2024 in Francia del 10%. De Angelis ha quindi affermato: “Quelli che voi chiamate femminicidi sono soltanto omicidi perché per me maschi e femmine sono uguali”. Secondo lei, la famiglia dovrebbe rimanere il principale soggetto educativo e deve vigilare sui programmi scolastici, accusando le scuole di abusi ideologici di tipo “gender”.
“Ne hanno fatto una questione politica – ha sostenuto il sindaco di Ancona Daniele Silvetti, ex Alleanza Nazionale, ora nella segreteria nazionale di Forza Italia -. Era una mozione colabrodo, con tutti gli errori e cambiamenti effettuati. Le parole della De Angelis? Io non l’ho sentita, ma anche lei sa che il femminicidio è una fattispecie di reato contemplata dal Codice Penale”.
Queste affermazioni sono state espresse nel contesto del dibattito su una mozione del Partito Democratico a favore della difesa dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole italiane, mozione poi bocciata in aula, anche con il voto contrario di Fratelli d’Italia.
La reazione della Cgil alle parole di Maria Grazia De Angelis
Le parole della consigliera hanno immediatamente sollevato la protesta di Cgil Marche e Cgil Ancona. Le rappresentanti sindacali Eleonora Fontana e Stefania Ragnetti hanno condannato con forza il tentativo di minimizzare la violenza subita dalle donne, che molto spesso sfocia in femminicidi. Hanno ricordato che nella regione Marche, al quinto posto in Italia per violenza in contesti non lavorativi, si sono già verificati due femminicidi nel 2025.
Le sindacaliste hanno sottolineato l’importanza di un cambio culturale e di un approccio integrato per contrastare la violenza di genere, includendo l’educazione alla affettività e al rispetto in tutti i cicli scolastici, maggiori finanziamenti per i centri antiviolenza e più posti nelle case rifugio. Inoltre, hanno evidenziato il ruolo fondamentale del lavoro stabile e di qualità per permettere alle donne di autodeterminarsi e liberarsi da relazioni violente.
Il ddl femminicidio e le controversie nel dibattito parlamentare
Parallelamente alla polemica locale, a livello nazionale prosegue l’iter del disegno di legge sul femminicidio, che mira a definire questo reato come una fattispecie autonoma distinta dall’omicidio volontario, con pene aggravate fino all’ergastolo. Il ddl, entrato in discussione al Senato il 16 luglio 2025 dopo diversi rinvii, prevede inoltre aumenti di pena per maltrattamenti, stalking, violenza sessuale e revenge porn.
Il testo ha subito modifiche importanti, soprattutto nella definizione di femminicidio, che ora include anche il concetto di “rifiuto da parte della donna di stabilire o mantenere una relazione affettiva” come possibile causa dell’omicidio. Tale modifica, introdotta da un emendamento presentato dalla presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno di FdI, ha suscitato dibattiti e critiche, anche da parte di 80 giuriste italiane che hanno definito il ddl come una legge-manifesto, poco efficace senza un’adeguata azione di formazione e prevenzione.
Le giuriste e i centri antiviolenza temono inoltre che l’ambiguità nella definizione del reato possa portare a una vittimizzazione secondaria delle donne e a difficoltà interpretative da parte dei giudici, con il rischio di escludere dalla fattispecie di femminicidio alcuni casi di violenza di genere.
La discussione sul tema dei femminicidi e sulle misure per contrastarli rimane fortemente divisiva, con posizioni che oscillano tra un approccio più culturale e preventivo e una definizione giuridica più rigorosa del reato, mentre sul piano politico emergono tensioni anche sul piano delle rappresentazioni sociali del maschile e del femminile.






