Roma, 6 ottobre 2025 – Un acceso confronto sulla definizione di genocidio a Gaza ha animato la trasmissione In Onda su La7, mettendo a confronto due figure di rilievo nel dibattito pubblico italiano e internazionale: Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, e Federico Fubini, editorialista del Corriere della Sera. Il dibattito, segnato da tensioni e smentite incrociate, ha toccato temi delicati legati al diritto internazionale e all’interpretazione delle accuse di genocidio nell’ambito del conflitto israelo-palestinese.
Il dibattito tra Francesca Albanese e Federico Fubini
Il nodo centrale dello scontro è stato il tema della definizione giuridica di genocidio. Federico Fubini ha sostenuto che tale accusa possa essere formulata solo da storici e giudici, sottolineando l’importanza dell’intento specifico di eliminare un gruppo etnico o nazionale, come previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. Secondo lui, l’attuale situazione a Gaza non può essere definita con certezza genocidio senza un’inchiesta formale e l’intervento dei tribunali competenti.

Francesca Albanese ha prontamente corretto questa interpretazione, precisando che la definizione di genocidio non si trova nella Carta dell’ONU del 1945 – che regola l’organizzazione e il funzionamento dell’ONU – bensì nella Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio adottata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, entrata in vigore nel 1951. Albanese ha inoltre ricordato di aver stilato due rapporti ufficiali sulle condizioni nella Striscia di Gaza, presentati al Consiglio per i Diritti Umani e alla Corte di Giustizia Internazionale, che indicano ragionevoli basi per parlare di genocidio.
Durante il confronto, Fubini ha citato esempi di genocidio riconosciuto, come la guerra tra Russia e Ucraina, dove intercettazioni confermerebbero ordini di uccidere famiglie per sottrarre i bambini, ma ha ribadito che nessuno può pronunciarsi ufficialmente senza un’indagine giudiziaria.
Albanese ha replicato sottolineando che il suo mandato Onu consiste proprio nel monitorare quotidianamente la situazione a Gaza da oltre 250 giorni, con la raccolta di migliaia di testimonianze e prove, e che il rischio di genocidio è stato anche evidenziato dalla Corte di Giustizia Internazionale nel gennaio 2024, la quale ha imposto agli Stati l’obbligo di prevenire tale crimine.






