Il governo Meloni ha deciso: l’Italia garantirà l’assistenza consolare agli attivisti italiani arrestati a bordo della Global Sumud Flotilla, ma non pagherà i loro rientri in patria. Nessun charter a carico dello Stato, fanno sapere da Palazzo Chigi, e se Israele presenterà la fattura dei voli di espulsione, “se ne dovranno far carico gli stessi attivisti”. “Non è una vendetta”, sottolineano fonti della maggioranza, ma un messaggio politico: Roma non intende legittimare un’azione considerata dal governo vicina ad ambienti di Hamas.
Arresti e procedure di rimpatrio: la decisione della Meloni sugli attivisti della Flotilla
Secondo quanto riportato da La Repubblica e La Stampa, la premier Giorgia Meloni avrebbe seguito da vicino l’evoluzione della Flotilla durante il vertice di Copenaghen, monitorandone la rotta sul cellulare. Nel frattempo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello della Difesa Guido Crosetto hanno gestito l’emergenza dalla Farnesina.
Gli attivisti arrestati verranno identificati ad Ashdod e trasferiti verso Eilat: da lì saranno rimpatriati tramite l’aeroporto di Ramon. I rientri volontari potrebbero partire dal 3 ottobre, quelli forzati forse da domenica 5.
La linea della Farnesina: evitare i processi
La Farnesina ha chiesto a Israele di non avviare procedimenti giudiziari, che potrebbero tradursi in processi speciali davanti a tribunali interni. Per accelerare il rientro, agli attivisti sarà proposto di firmare un documento in cui ammettono il tentativo di ingresso illegale in Israele: chi accetta verrà espulso subito, ma non potrà tornare nel Paese per dieci anni. Chi rifiuta rischia invece un processo e tempi più lunghi.






