Ospite della nuova puntata del BSMT di Gianluca Gazzoli, il giornalista Corrado Formigli parla estesamente della sua carriera. Formigli riflette sulla sua lunga esperienza come corrispondente di guerra, descrivendo la brutalità e la disumanizzazione del conflitto e condividendo aneddoti di situazioni estreme, come quasi farsi esplodere in una fabbrica di autobombe in Iraq e la sua incoscienza durante i reportage. Una parte significativa della discussione è dedicata alla sua attività come conduttore di talk show politico, in particolare il suo programma Piazza Pulita, dove evidenzia l’importanza del confronto tra idee diverse per un dibattito pubblico sano, criticando la tendenza dei leader politici a disertare i programmi televisivi in favore dei social media.
Infine, Formigli affronta le sfide personali e professionali legate al mantenimento dell’integrità giornalistica, come la gestione delle querele per diffamazione e la necessità di restare fedele alla propria identità di fronte alla pressione degli ascolti.
Corrado Formigli: l’artigianato del giornalismo tra ideali, ascolti e la cruda realtà della guerra
Il giornalismo non è un esercizio di trasparenza o un ruolo arbitrale; è, secondo Corrado Formigli, una partecipazione attiva al dibattito pubblico. Ospite a “The BSMT by Gianluca Gazzoli,” Formigli ha delineato la sua visione del mestiere – che considera “il mestiere più figo del mondo” – affrontando temi cruciali che vanno dalla filosofia dell’informazione alla crisi della democrazia, fino alla cruda realtà dei teatri di guerra.

Il ruolo del giornalista: opinione e fatti
Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita, sottolinea che i giornalisti non sono arbitri ma persone che partecipano al dibattito con le proprie idee. È essenziale esprimere il proprio punto di vista, come fa lui attraverso l’editoriale iniziale, che definisce la linea della trasmissione. Tuttavia, questo non deve prevaricare la necessità di un confronto onesto. Formigli vede con preoccupazione la tendenza attuale a creare una “televisione molto identitaria“, portando solo ospiti che la pensano allo stesso modo, una pratica che trasforma il paese in “curve, di ultras“, emulando la logica delle “bolle dei social“.
La sua trasmissione mira a contrastare questa deriva, insistendo sulla “curiosità di conoscere le opinioni degli altri“. Questa filosofia lo porta a invitare anche figure sgradite al suo pubblico più identitario (come nel caso di Bocchino), convinto che il confronto generi sempre qualcosa di costruttivo. Il giornalista deve essere sempre pronto a rimettersi in discussione, mostrando “umiltà” e la capacità di dire “ho sbagliato, questa volta cambio idea“.
La crisi della democrazia e la delegittimazione
Uno dei temi più sentiti da Formigli è l’impoverimento del dibattito pubblico causato dalla ritirata dei leader politici dai talk show. Oggi, la comunicazione è diventata “verticale senza intermediazione giornalistica” attraverso i social. Questo permette, ad esempio, alla Presidente del Consiglio di enunciare progressi economici su Instagram senza che “nessuno che possa poi dopo dire, ‘Guarda che non è così’“.
Formigli ritiene che i giornalisti siano in parte corresponsabili di aver accettato questa dinamica, non protestando abbastanza. A livello globale, si assiste a un’operazione di “delegittimazione dell’informazione“, dove i poteri autoritari non accettano la funzione giornalistica, preferendo delegittimare i critici etichettandoli come “militanti della fazione opposta“. L’atto di disertare un programma come Piazza Pulita è un modo per negare la legittimità della funzione critica del giornalismo.
La crisi di rappresentanza e la rabbia giovanile
Il paese si trova in una “grandissima crisi di rappresentanza“, con un totale “scollamento tra la politica e il paese reale“. Questa situazione è aggravata da un populismo che teme la complessità: l’idea che chi esprime concetti complessi stia in realtà “fregando” i cittadini, favorendo chi promette soluzioni semplici. La sinistra, in particolare, è accusata di aver tradito la necessità di rappresentanza.
Corrado Formigli evidenzia l’indignazione delle giovani generazioni, mobilitatesi ad esempio per la situazione a Gaza, di fronte a “cose semplici che invece gli adulti cercano di edulcorare“. Il rapporto spaventoso tra le vittime (1.200 il 7 ottobre contro 70.000, un dato in crescita) ha scatenato la rabbia giovanile contro l’ipocrisia politica. La conseguenza più grave della crisi di rappresentanza e della frustrazione è la “fuga dei giovani più bravi, più capaci, più volenterosi dal nostro paese“, portando allo svuotamento dell’Italia.

Corrado Formigli, l’artigianato del Talk Show e l’esperienza di Guerra
Formigli descrive il suo lavoro a Piazza Pulita e 100 minuti come un mestiere “molto artigianale“, paragonandosi a un “falegname” che costruisce la trasmissione pezzo per pezzo, lavorando con martello, sega e chiodi. La sua credibilità è stata costruita in un percorso lungo, con 20 anni come inviato di guerra.
L’esperienza sul campo plasma il suo modo di raccontare. Gaza, ad esempio, è un luogo in cui è stato in precedenza. Quando parla di guerra, ne evidenzia la realtà brutale e fisica: “La guerra è merda, sangue, puzza di cadaveri, mosche che ti arrivano in bocca, nelle orecchie, dappertutto“. Critica aspramente la “deumanizzazione della guerra” che avviene tramite droni e social media, dove le immagini orribili scorrono con “cuoricini e pollici” sugli schermi. Il giornalista è diventato spesso un obiettivo mirato, come dimostrano i casi di reporter uccisi a Gaza.
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Formigli ha rimosso il pubblico dallo studio di Piazza Pulita post-Covid per eliminare il “paracadute” degli applausi. Questo costringe gli ospiti ad assumersi la responsabilità delle loro affermazioni, permettendo alle “stupidaggini” di rimbombare nello studio, piuttosto che essere coperte dall’applauso. Egli si impegna a non fare “trash” per inseguire l’audience, mantenendo l’identità del programma, anche a costo di ascolti inferiori su temi esteri che lui ritiene necessari.
Passioni e vita personale
Oltre al giornalismo, Formigli è affetto da una “malattia totale” per i motori, la velocità, le macchine e le moto. Questa passione per il rischio e la velocità è quasi intercambiabile con la sua carriera, tanto da aver gareggiato e subito incidenti seri. L’impulso di cercare il limite (come nel suo incidente a 220 km/h in pista che lo portò in onda con un braccio appeso) si combina con il suo lavoro.
Nella sfera privata, l’impegno è grande: Corrado Formigli ha quattro figli di età molto diverse (la più grande ha 24 anni, il più piccolo meno di 2 anni). Egli gestisce una “famiglia allargata” e considera “un lavoro importante” tenere tutti uniti e far sì che i figli “si amino, si conoscano e stiano insieme“. L’amore per i figli è “immenso e incondizionato“, ma non lo distoglie dalla convinzione che per loro sia fondamentale seguire le proprie passioni.
Il giornalista è come un pilota di rally: naviga su terreni sconnessi e pericolosi (i servizi di guerra e l’attualità politica complessa), ma la sua capacità di mantenere la traiettoria (l’integrità giornalistica e la distinzione tra fatti e opinioni) dipende dalla sua abilità artigianale di lavorare sul mezzo (la trasmissione) e dalla sua costante, quasi incosciente, spinta verso il limite.






