Roma, 6 agosto 2025 – Il caso di Osama Almasri, noto anche come Osama Elmasry Njeem, continua a scuotere il panorama politico e giudiziario italiano e internazionale. Ex comandante delle Forze speciali di deterrenza libiche, accusato di gravi crimini di guerra e contro l’umanità, Almasri è stato protagonista di una controversa vicenda giudiziaria e politica nel nostro Paese, culminata con il suo arresto, rilascio e successivo rimpatrio in Libia. La complessità del caso mette in luce le difficoltà normative italiane nel cooperare efficacemente con la Corte Penale Internazionale (CPI), cui la Libia ha affidato l’accusa.
Il mandato di arresto internazionale e le accuse contro Osama Almasri
Nato a Tripoli il 16 luglio 1979, Osama Almasri è stato un militare e comandante delle milizie libiche chiamate RADA, attive dal 2011 durante le guerre civili libiche. Dal 2015 era a capo delle operazioni presso la prigione di Mitiga, aeroporto militare di Tripoli, identificato come uno dei principali centri di detenzione dove sarebbero stati perpetrati crimini gravissimi.
Il 2 ottobre 2024 la Corte Penale Internazionale ha richiesto un mandato d’arresto nei suoi confronti, emesso ufficialmente il 18 gennaio 2025, per una lunga serie di crimini di guerra e contro l’umanità. Le accuse includono tortura, omicidio, stupro, violenza sessuale, persecuzione e detenzione illegale, commessi contro prigionieri detenuti per motivi religiosi, politici o morali. Tali crimini sarebbero stati commessi a partire dal febbraio 2015, durante la seconda guerra civile in Libia, e la CPI ritiene che Almasri abbia avuto un ruolo diretto o abbia ordinato tali azioni.
L’arresto in Italia e la controversa scarcerazione
Dopo una serie di spostamenti tra Londra, Bruxelles e Germania, Almasri è giunto in Italia il 18 gennaio 2025. Il giorno seguente, dopo una partita di calcio allo Juventus Stadium di Torino, la DIGOS lo ha arrestato sulla base del mandato internazionale emesso dalla CPI e coordinato con INTERPOL. L’arresto è stato possibile anche grazie ai sistemi di riconoscimento che hanno rilevato la sua presenza nei pressi dello stadio.
Tuttavia, il 21 gennaio 2025 la Corte d’Appello di Roma ha disposto la scarcerazione di Almasri per “irritualità” della procedura di arresto. L’ordinanza ha evidenziato che l’arresto era stato effettuato dalla polizia giudiziaria senza la preventiva richiesta di misura cautelare inviata dal Ministero della Giustizia alla Procura Generale, come previsto dalla normativa italiana di cooperazione con la CPI (Legge 237/2012). Questa mancanza di passaggi formali ha determinato la nullità dell’arresto, nonostante il mandato internazionale. Subito dopo la scarcerazione, l’Italia ha espulso Almasri su un aereo di Stato, rimpatriandolo in Libia.
Implicazioni politiche e giudiziarie del caso
Il caso ha scatenato un acceso dibattito politico nel nostro Paese. Il 27 gennaio 2025, su esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti e iniziativa del Procuratore capo Francesco Lo Voi, è stato interessato il Tribunale dei Ministri per valutare se il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano abbiano commesso reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla gestione del caso Almasri. Nel frattempo, la CPI ha aperto un’indagine formale contro l’Italia, contestando l’inadempienza nell’arresto e nella consegna del sospettato.
La vicenda ha inoltre riportato alla luce le carenze della normativa italiana in materia di cooperazione internazionale sui crimini contro l’umanità. Nonostante l’Italia abbia ratificato nel 1999 lo Statuto di Roma, che istituisce la Corte Penale Internazionale, mancano ancora disposizioni attuative complete per integrare nel nostro ordinamento il principio di giurisdizione universale su tali crimini. Nel dicembre 2024 una Commissione ministeriale ha elaborato un progetto di Codice dei crimini internazionali. Ad oggi non è stato ancora presentato né approvato un disegno di legge che renda operativa tale disciplina.
Il quadro normativo e le sfide della cooperazione con la CPI
La legge 237/2012, che recepisce le norme dello Statuto di Roma, stabilisce le procedure da seguire in caso di richiesta di arresto e consegna da parte della CPI. La richiesta deve transitare attraverso il Ministero della Giustizia e la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Roma, che valuta e dispone le misure cautelari. L’arresto diretto da parte della polizia giudiziaria senza l’intervento del Ministero e della Procura, come avvenuto nel caso Almasri, è considerato non conforme alla legge.
La mancata osservanza di queste procedure ha causato la scarcerazione anticipata del sospettato, generando una crisi istituzionale e una contestazione internazionale sull’efficacia della collaborazione italiana con la Corte. La CPI ha sottolineato che l’Italia è uno Stato Parte dello Statuto di Roma con obblighi stringenti di cooperazione, fondamentali per la funzionalità stessa della Corte penale.
Come osservato dall’Osservatorio Europa dell’Unione delle Camere Penali Italiane, la vicenda rappresenta un grave segnale di allarme per il sistema di giustizia internazionale e per il rispetto degli impegni assunti dallo Stato italiano. La mancata esecuzione del mandato di arresto rischia di minare l’autorevolezza delle istituzioni nazionali e internazionali impegnate nella lotta ai crimini più gravi a livello globale.
Osama Almasri: il profilo del sospettato
Osama al-Maṣrī Nağīm, nato a Tripoli nel 1979, era un commerciante di volatili prima della guerra civile libica. Dal 2014 ha militato nelle Forze speciali di deterrenza, milizia affiliata al fronte islamico libico, dove ha assunto ruoli di comando e responsabilità nella repressione degli oppositori e nella gestione dei centri di detenzione. Le operazioni sotto il suo comando sono state caratterizzate da gravi violazioni dei diritti umani e accuse di esecuzioni sommarie.
Le accuse della CPI si fondano su elementi raccolti nel corso delle indagini internazionali, che indicano come la prigione di Mitiga fosse teatro di torture, stupri, e omicidi sistematici di detenuti. La responsabilità personale o per comando di Almasri è centrale nelle richieste di condanna della Corte.
Aggiornamenti recenti e nuove indagini
Il 17 luglio 2025 un altro esponente di vertice della RADA, Khaled al Hisri, è stato fermato in Germania in esecuzione di un mandato di cattura della CPI per analoghi crimini commessi in Libia. La comunità internazionale continua a esercitare pressione sulle autorità per la repressione dei crimini di guerra nel Paese nordafricano, anche attraverso procedure di cooperazione giudiziaria multilaterale.
Intanto, in Italia, il dibattito politico e giudiziario sul caso Almasri rimane aperto, con le indagini sul coinvolgimento di figure di governo e le richieste di riforma normativa per evitare il ripetersi di simili situazioni.






