Il malessere di Lewis Hamilton scuote Maranello: tra risultati deludenti, un adattamento difficile e una Ferrari ancora lontana dalla vetta, le parole del campione britannico aprono interrogativi inquietanti sul suo futuro e su quello della scuderia.
Lewis Hamilton ha pronunciato una frase che pesa come un macigno sull’intera stagione della Ferrari: «Mi sento completamente inutile». Una dichiarazione cruda, diretta, che fotografa con disarmante lucidità il momento più difficile della carriera del pilota più vincente della storia della Formula 1, approdato a Maranello con l’obiettivo di chiudere in bellezza e, magari, conquistare l’agognato ottavo titolo mondiale. Ma a metà stagione 2025, il sogno si è trasformato in un incubo.
Da quando ha messo piede a Maranello, il matrimonio tra Hamilton e la Ferrari sembrava scritto nelle stelle: due leggende dell’automobilismo, unite per riportarsi reciprocamente al vertice. Invece, dopo dodici Gran Premi, il bilancio è impietoso. Hamilton non solo fatica a tenere il passo del compagno Charles Leclerc, ma appare smarrito, sconfitto, a tratti rassegnato. E quella frase – “mi sento inutile” – suona come un grido d’allarme che potrebbe segnare un punto di non ritorno.
Il declino di una leggenda
Lewis Hamilton, attivo in Formula 1 dal 2007, ha vinto 7 mondiali, 103 Gran Premi e conquistato 104 pole position. Nessuno come lui. Eppure, qualcosa si è rotto. Già negli ultimi anni con la Mercedes, a partire dalla rivoluzione regolamentare del 2022, aveva iniziato a mostrare i primi segnali di declino, specialmente nelle qualifiche, dove è stato sempre più spesso battuto dal compagno George Russell.
Con l’arrivo in Ferrari, molti pensavano che l’esperienza, il carisma e il talento del britannico potessero fare la differenza. Ma il passaggio dal motore Mercedes a quello Ferrari ha generato più problemi del previsto. Il freno motore, le sensazioni in frenata, lo stile di guida: tutto sembra remargli contro. Il confronto con Leclerc – che si trova nel pieno della maturità sportiva – è diventato impietoso, e i risultati lo testimoniano.
I dati che fanno riflettere
Hamilton ha finora perso quasi tutti i confronti diretti con Leclerc, sia in qualifica che in gara. E se nei primi weekend si poteva parlare di rodaggio, a metà stagione le attenuanti iniziano a vacillare. Solo una pole position conquistata nella sprint race in Cina – poi tramutata in una vittoria nella stessa gara breve – rappresenta una vera luce nel buio. Il resto è fatto di errori, piazzamenti anonimi e una crescente frustrazione.
La Ferrari, da parte sua, ha cercato di intervenire. In Belgio ha fornito a Hamilton una nuova tipologia di pastiglia freno Brembo, senza però ottenere miglioramenti significativi. Gli indizi tecnici parlano chiaro: Hamilton fatica a sentirsi un tutt’uno con la monoposto, e questo si riflette in un rendimento inferiore alle aspettative, specie in fase di staccata, un tempo suo punto di forza.
Il futuro è pieno di incognite
La domanda che ora tutti si pongono a Maranello è: Hamilton è ancora l’uomo giusto per guidare la rinascita Ferrari? L’investimento economico è stato ingente, così come il clamore mediatico. Ma le parole di queste settimane, e soprattutto la recente dichiarazione sul sentirsi inutile, sollevano dubbi profondi. Non tanto sulle capacità residue del campione, ma sulla sua motivazione, sulla voglia di rimettersi in gioco e soffrire per risalire.
Hamilton stesso ha tentato di rilanciarsi parlando del futuro: «Non voglio che accada a me quello che è successo ad Alonso e Vettel, grandi campioni che non hanno vinto con la Ferrari». Ha fatto sapere di essere già al lavoro per guidare il progetto 2026, anno di nuovo regolamento tecnico. Ma la realtà è che il tempo stringe, e la Ferrari non può permettersi un altro anno di transizione.
Un dubbio che scuote Maranello
Mentre Leclerc vive la sua miglior stagione in carriera, Hamilton sta affrontando la peggiore. E la Ferrari è stretta tra due fuochi: da un lato la necessità di sfruttare il talento puro del monegasco, ormai pronto per puntare al titolo; dall’altro l’esigenza di non mortificare il prestigio e l’investimento fatto su Hamilton, che però oggi appare più un’icona nostalgica che una concreta risorsa sportiva.
L’ultimo grande obiettivo del britannico è sempre lo stesso: vincere l’ottavo mondiale e superare Schumacher. Ma con l’attuale ritmo, e con i rivali in costante evoluzione, quel traguardo sembra ogni giorno più lontano. L’unica vera speranza resta quella di una Ferrari dominante nel 2026, in grado di mettere tutti nelle condizioni di vincere. Fino ad allora, però, il rischio è di logorare una leggenda e rallentare un talento.
Hamilton, la Ferrari è il tempo che corre
La frase «mi sento inutile» non è solo uno sfogo. È un riflesso di qualcosa di più profondo: una crisi identitaria di un campione che per anni ha incarnato la perfezione. Per la Ferrari, che ha puntato tutto su di lui, è un segnale che non può essere ignorato. Il tempo corre, e con esso le possibilità. E se il sogno Ferrari-Hamilton dovesse infrangersi contro la realtà, non sarà stato per mancanza di gloria, ma per un tempismo che forse non è mai stato giusto.
