Nel cuore del Deserto Occidentale Egiziano, vicino a El Quseir, qualche scavo ha restituito frammenti che cambiano il quadro sulla storia dei coccodrilli. Un team egiziano guidato da Sara Saber e Belal Salem ha portato alla luce resti ossei che, analizzati dagli specialisti, appartengono a una forma antica di dirosauride. La scoperta non è una semplice aggiunta alla collezione: i fossili sono stati collocati in livelli sedimentari attribuibili al Campaniano, cosa che porta gli esperti a datare l’animale intorno agli 80 milioni di anni. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio il contesto stratigrafico: la posizione dei reperti nelle rocce è ciò che permette di ricostruire la cronologia e il movimento delle faune marine.
Scoperta, reperti e significato cronologico
In un’area semi-desertica, gli scavi hanno recuperato due crani e tre mandibole riconducibili a una nuova specie di coccodrillo preistorico. Il gruppo ha denominato il taxon Wadisuchus kassabi, identificando tratti riconoscibili della famiglia dei Dyrosauridae. La collocazione dei fossili in orizzonti del Campaniano anticipa di diversi milioni di anni la comparsa documentata finora per questo gruppo, che era stata principalmente attestata nel Maastrichtiano (tra i 70 e i 65 milioni di anni fa). Questa antichità relativa modifica la scala temporale degli eventi evolutivi e offre nuovi punti di confronto per i paleontologi che studiano la diversificazione dei crocodyliformi.
Le analisi morfologiche e le tecniche di datazione stratigrafica hanno permesso di consolidare la stima dell’età e di escludere spostamenti più recenti dei sedimenti. Per gli addetti ai lavori, è un elemento che apre nuovi interrogativi sulle vie di dispersione e sull’ecologia di questi animali in ambienti costieri e marini del Cretaceo superiore. Un fenomeno che in molti notano solo con rilievi dettagliati è la correlazione tra depositi lungo le coste del Nord Africa e i reperti rinvenuti in altre aree del Mediterraneo e dell’Atlantico meridionale.
I ricercatori sottolineano che i materiali saranno oggetto di ulteriori studi comparativi e che il contesto egiziano rimane cruciale per ricostruire la storia dei Dyrosauridae. L’esatta conservazione dei crani e delle mandibole offre opportunità per applicare tecniche imaging e ricostruzioni digitali, per questo gli esami successivi sono già programmati dai laboratori coinvolti.

Morfologia, evoluzione e rotte biogeografiche
L’esame dei resti mette in luce tratti che distinguono Wadisuchus kassabi dalle forme successive: il muso molto lungo tipico dei dirosauridi, ma con un numero inferiore di denti, più piccoli e disposti in modo differente rispetto ai coccodrilli moderni. Le narici appaiono posizionate più in alto sul rostro, una caratteristica che suggerisce adattamenti a una vita scavata tra acque costiere e foci. Questi elementi morfologici mostrano come alcuni caratteri considerati tipici dei dyrosauridi più recenti fossero in fase di definizione già nel Campaniano.
Dal punto di vista biogeografico, i dati raccolti supportano l’ipotesi di un’origine in Nord Africa per il gruppo, con successive dispersioni verso il Sud America. In seguito, forme già differenziate nel Nuovo Mondo avrebbero effettuato ritorni in Africa, complicando la ricostruzione delle rotte migratorie. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è l’importanza delle antiche linee costiere: la posizione delle terre emerse e dei corridoi marini ha condizionato la diffusione delle specie come avviene per gli animali moderni.
Le implicazioni evolutive sono concrete: anticipare la comparsa dei Dyrosauridae porta a ripensare tempistiche e meccanismi di divergenza all’interno dei crocodyliformi. I reperti egiziani saranno conservati e studiati ulteriormente, contribuendo a una ricostruzione più dettagliata delle faune costiere del Cretaceo e a una mappa delle rotte paleobiogeografiche che collega Nord Africa e Sud America.






