All’inizio del 2023 le Nazioni Unite hanno certificato una soglia che ha attirato l’attenzione di tutti: la popolazione mondiale ha superato i 8 miliardi di persone. È un numero che si legge come un dato sociale, ma che subito spinge a un’altra domanda: da quando l’uomo è comparso, quante persone sono vissute sulla Terra? La risposta non è banale. Se proviamo a risalire la linea parentale con il metodo che tutti conosciamo — due genitori, quattro nonni, otto bisnonni — ci imbattiamo in numeri che crescono in modo apparentemente vertiginoso. Basta contare tre generazioni per secolo e la matematica gioca brutti scherzi: al Rinascimento la stima fittizia degli antenati arriva già a decine di migliaia, alle Crociate si passa a livelli da miliardo, e risalendo fino ai Romani o all’Età del Bronzo i numeri sembrano diventare impossibili da contenere.
Questo ragionamento geometrico spiega perché il conteggio degli antenati esplode così rapidamente. Tuttavia qualcosa non torna: la Terra non poteva contenere quel numero di persone, e la storia demografica non supporta una moltiplicazione così indiscriminata. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio la struttura reale delle popolazioni nel passato: ridotte, isolate per aree geografiche, con tassi di mortalità e fluttuazioni che interrompevano linee familiari. Per questo il semplice raddoppio delle generazioni è più un esercizio teorico che una rappresentazione della realtà.
Perché il conto degli antenati esplode, e perché è fuorviante
L’esempio dei quattro nonni e degli otto bisnonni serve a spiegare il meccanismo dell’esponenziale, ma non tiene conto di un fenomeno fondamentale chiamato pedigree collapse: le stesse persone ricompaiono più volte nelle nostre genealogie. In passato le comunità erano spesso chiuse, con matrimoni interni a tribù o villaggi; così un antenato poteva essere contemporaneamente nonno da più rami. Gli storici e i demografi lo spiegano chiaramente: la capacità demografica di un territorio limita la crescita effettiva delle linee parentali.

Se immaginiamo di mettere fianco a fianco tutte le persone risultanti dal calcolo teorico, si arriva a superfici assurde — qualcuno ha usato l’immagine dell’occupazione di spazi più grandi di una Galassia — ma si tratta di una metafora per sottolineare l’assurdità del metodo. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la memoria familiare che si perde in poche generazioni; questo dimostra quanto velocemente linee di discendenza possano estinguersi nella pratica. Le ricostruzioni serie della storia demografica devono tenere conto di migrazioni, guerre, carestie e pandemie: eventi che cancellano rami interi e riconfigurano la composizione genetica delle popolazioni.
Quante persone sono vissute davvero e cosa significa per noi
Per avere una stima credibile gli studiosi combinano dati archeologici, paleodemografici e modelli genetici. Secondo diversi studi condotti da paleontologi e genetisti, il numero totale degli esseri umani che hanno vissuto negli ultimi 600 mila anni è probabilmente molto più contenuto rispetto alla simulazione geometrica: si parla di un ordine di grandezza nell’intorno di 80 miliardi. È una cifra che va presa con cautela — i ricercatori usano intervalli di confidenza e scenari diversi — ma è coerente con la capacità della Terra e con le tracce fossili e genetiche a nostra disposizione.
Un aspetto che sfugge a chi vive in città è come i cromosomi si siano mescolati: molte linee di discendenza si sono estinte e i geni sopravvissuti si sono distribuiti, incrociati e ricombinati nel corso dei millenni. Questo spiega anche perché, se provassimo a recuperare gli antenati di ogni persona oggi vivente, gran parte degli individui verrebbero contati molte volte. In pratica, siamo tutti parenti in misura più o meno stretta e tanti antenati locali sono comuni a intere regioni geografiche.
Il fatto che il totale effettivo degli esseri umani sia dell’ordine di decine di miliardi ha conseguenze concrete: ridimensiona alcuni miti popolari sulla quantità di antenati e rafforza l’importanza degli studi genetici e archeologici per ricostruire la nostra storia. Un dettaglio che molti sottovalutano è che la genealogia scritta copre poche generazioni per la maggior parte delle persone, anche in paesi come l’Italia; per questo le ricostruzioni lontane si basano più su modelli e prove materiali che su alberi familiari completi. Alla fine, la riflessione pratica è semplice: comprendere la storia demografica ci aiuta a leggere meglio le tracce nel nostro DNA e a riconoscere che la nostra appartenenza a una regione o a un gruppo è il risultato di secoli di migrazioni, estinzioni di linee e incroci continui.






