Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre 2025 torna l’ora solare: un’ora di sonno in più, ma giornate più corte e buio anticipato. Ecco storia, significato e impatti di questo cambiamento.
Ogni anno, con l’arrivo dell’autunno, arriva anche il consueto appuntamento con il cambio d’orario. Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre 2025, alle ore 3:00, dovremo spostare le lancette indietro di un’ora. L’orologio tornerà quindi alle 2:00, regalandoci un’ora di sonno in più. Un gesto semplice che, però, porta con sé conseguenze ben più ampie di quanto si possa immaginare.
Per molti è un sollievo: dormire un’ora in più significa recuperare energie preziose, soprattutto in un periodo in cui il cambio di stagione porta con sé stanchezza e cali di concentrazione. Allo stesso tempo, il ritorno all’ora solare segna un cambiamento netto nella percezione delle giornate: il sole tramonterà prima, il buio avvolgerà le città già nel tardo pomeriggio e l’inverno sembrerà più vicino.
Un rituale che genera ogni anno le stesse domande: “Si dorme di più o di meno?”, “Quando va fatto il cambio?”, “Perché non lo aboliamo definitivamente?”. Per rispondere, è utile capire cos’è davvero l’ora solare e perché questo passaggio esiste ancora oggi.
Cos’è l’ora solare e perché la adottiamo
L’ora solare è l’orario convenzionale, quello che più si avvicina al naturale ciclo del sole. Con l’ora legale, adottata in estate, si spostano invece le lancette un’ora avanti per avere più luce durante la giornata lavorativa. Quando a ottobre torniamo all’ora solare, le giornate sembrano improvvisamente più corte: la mattina si guadagna luce, ma il pomeriggio si accorcia.
L’impatto non è solo pratico, ma anche psicologico. Molti avvertono una sorta di “mini jet-lag” che può influire sul ritmo circadiano, sull’umore e persino sull’alimentazione. Gli esperti parlano di “sindrome da cambio d’ora”, che può comportare insonnia leggera, difficoltà di concentrazione o irritabilità. Tuttavia, questi effetti tendono a sparire dopo pochi giorni, quando il corpo si riadatta al nuovo ritmo.
Il cambio d’orario non è una scelta casuale: è regolato dalla Direttiva Europea 2000/84/CE, che stabilisce i passaggi a marzo e a ottobre. L’obiettivo originario era ridurre i consumi energetici, sfruttando al massimo le ore di luce naturale. Una misura nata in un contesto storico ben preciso, ma che ancora oggi influenza la vita quotidiana di milioni di persone.

La discussione sull’abolizione: Europa divisa, Italia contraria
Nel 2018 l’Unione Europea decise di ascoltare direttamente i cittadini. Una consultazione pubblica raccolse 4,6 milioni di risposte: oltre l’80% si espresse a favore dell’abolizione del doppio cambio annuale. Il dibattito fu acceso, perché molti ritenevano inutile e dannoso continuare a modificare gli orari due volte l’anno.
Eppure, nonostante il consenso, gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo. Ogni Paese avrebbe dovuto scegliere se mantenere sempre l’ora solare o l’ora legale, ma la mancanza di uniformità avrebbe creato confusione nei trasporti, nei commerci e nella vita quotidiana. Così la decisione è stata rinviata a tempo indeterminato.
L’Italia ha preso una posizione chiara: mantenere il sistema attuale. Le motivazioni principali sono due. Da un lato il risparmio energetico: i sei mesi di ora legale garantiscono una riduzione dei consumi, con benefici economici per famiglie e aziende. Dall’altro la mancanza di evidenze scientifiche sufficienti per dimostrare che il cambio d’orario provochi gravi danni alla salute. Per il nostro Paese, quindi, i vantaggi continuano a superare i possibili svantaggi.
Una storia lunga secoli, tra aneddoti e curiosità
La pratica di spostare le lancette ha radici più lontane di quanto si pensi. Nel Settecento fu Benjamin Franklin a lanciare l’idea, in forma ironica: suggerì che alzarsi prima avrebbe permesso di risparmiare sulle candele. L’idea rimase sulla carta fino alla Prima Guerra Mondiale, quando venne introdotta per ridurre i consumi energetici.
Dopo la guerra fu abbandonata, per poi tornare negli anni ’70 durante la crisi petrolifera, quando il risparmio energetico tornò ad essere un obiettivo prioritario. In Italia il sistema attuale venne fissato nel 1966, con alternanza tra ora legale e ora solare.
Non tutti i Paesi, però, seguono questa pratica. Giappone, Islanda e gran parte dell’Africa non modificano mai l’orario. Negli Stati Uniti solo alcuni Stati la adottano: l’Arizona, ad esempio, ha scelto di rinunciarvi da anni. Anche in Australia la scelta varia da regione a regione.
E ogni anno, immancabilmente, il cambio genera piccoli equivoci e aneddoti: chi arriva un’ora in anticipo agli appuntamenti, chi dimentica di aggiornare la sveglia manuale, chi resta a discutere per ore se si dorme di più o di meno. Una tradizione che, tra sorrisi e confusione, segna l’inizio dell’inverno e accompagna milioni di persone verso la stagione fredda.






