Con la partenza di Papa Leone XIV da Castel Gandolfo per raggiungere la residenza vaticana, si rinnova una tradizione secolare che affonda le radici nel rapporto speciale tra il papato e i Colli Albani. L’immagine del Pontefice che lascia la residenza estiva per trasferirsi a San Pietro (e viceversa) è quasi un rito, un gesto che segna ogni anno l’apertura della stagione più fredda e richiama un capitolo importante della storia della Chiesa.
Un’esigenza antica: perché i papi “fuggono” da Roma d’estate
L’estate romana è sempre stata difficile: afa intensa, scarsa ventilazione e un clima che, specie nei secoli passati, rendeva la città insalubre. È proprio da queste necessità che nacque l’abitudine dei papi di cercare sollievo fuori dalle mura vaticane. Castel Gandolfo, situata a circa 25 chilometri da Roma, offre altitudine, aria fresca e un paesaggio più salubre rispetto al cuore della capitale.
Per Papa Leone XIV, come per i suoi predecessori, il soggiorno estivo non è solo una pausa climatica, ma un’occasione per lavorare in un ambiente più disteso, lontano dal ritmo serrato di incontri e cerimonie ufficiali tipici della vita quotidiana in Vaticano. Il trasferimento a Castel Gandolfo, pur non interrompendo l’attività pastorale, permette al Pontefice di ritrovare una dimensione di maggiore serenità e concentrazione.

Castel Gandolfo: un luogo con millenni di storia
La cittadina di Castel Gandolfo è incastonata sulla sommità del cratere del Lago Albano, in un’area che fu già abitata in epoca romana. L’antica Alba Longa, la città madre di Roma secondo il mito, sorgerebbe proprio nei dintorni. Le famiglie nobili dell’Urbe scelsero i colli di questa zona come residenza di villeggiatura, tanto da essere disseminati di ville patrizie, giardini e luoghi di culto.
Nel Medioevo il territorio passò nelle mani della potente famiglia Gandolfi, da cui deriva il nome attuale. Ma fu solo in epoca barocca che Castel Gandolfo iniziò la sua lunga relazione con il papato.
Perché è storicamente legata ai Papi
La vera svolta avvenne nel XVII secolo, quando Papa Urbano VIII Barberini scelse Castel Gandolfo come sede estiva ufficiale dei pontefici. L’architetto Carlo Maderno venne incaricato di trasformare il palazzo della famiglia Savelli nella residenza papale: nacque così il Palazzo Apostolico, un elegante complesso barocco affacciato sul lago, circondato da giardini e da una natura rigogliosa.
Da allora, quasi tutti i papi hanno trascorso lì l’estate. Alcuni, come Pio XII, vi rimasero anche durante momenti drammatici della storia, al punto che il palazzo divenne rifugio per migliaia di sfollati durante la Seconda Guerra Mondiale. Altri lo utilizzarono come luogo di studio e meditazione, o come cornice per incontri diplomatici.
La residenza ha sempre rappresentato una sorta di “Vaticano all’aria aperta”: un luogo più raccolto, dove il Papa poteva vivere la sua missione in un clima di discrezione, ma senza mai interrompere il suo ruolo di guida della Chiesa.
Una tradizione che continua
Con la partenza di Papa Leone XIV verso Castel Gandolfo, si rinnova dunque una tradizione che coniuga necessità pratiche, legame storico e valore simbolico. È un ritorno a un luogo dove il papato ha scritto capitoli significativi della propria storia, e che continua ancora oggi a offrire al Pontefice un rifugio di pace a pochi passi da Roma.
L’estate, per i papi, non è mai davvero una vacanza. Ma Castel Gandolfo, con il suo paesaggio sospeso tra storia e natura, riesce a restituire loro un po’ di quella serenità che anche un pontefice, a volte, ha il diritto di cercare.






