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Olanda, il villaggio delle case a sfera che sembrano venire da un altro pianeta

A Den Bosch, le Bolwoningen di Dries Kreijkamp sono l’esempio di come l’edilizia sociale possa diventare arte e visione

by Vittorio De Bellaro
17 Ottobre 2025

Se ti capita di pedalare in Olanda, potresti imboccare una pista ciclabile qualsiasi e finire dritto in un paesaggio che sembra uscito da un film di fantascienza girato con poesia e poco budget. Succede a ’s-Hertogenbosch, o Den Bosch, nel quartiere di Maaspoort, dove un piccolo gruppo di case sferiche bianche spunta dal verde come un miraggio urbano: sono le Bolwoningen, le “case a sfera” progettate dall’architetto Dries Kreijkamp, un visionario con la testa da scultore e il cuore da inventore.

Nel silenzio ordinato dei canali e dei cortili olandesi, queste cupole sembrano sospese tra terra e cielo, come se un’utopia domestica avesse trovato parcheggio in periferia. Siamo nei primi anni ’80, un’epoca in cui i Paesi Bassi erano un laboratorio d’avanguardia: edilizia sociale sperimentale, nuove soluzioni energetiche, forme abitative che cercavano di liberarsi dalla gabbia del condominio tradizionale. In quel contesto nasce l’idea di Kreijkamp: costruire un’abitazione sferica, prefabbricata, economica, sostenibile e, soprattutto, armoniosa.

Un’utopia architettonica diventata realtà

Il principio era semplice ma rivoluzionario: una casa a forma di sfera per sfruttare al massimo luce, ventilazione e spazio interno, riducendo i consumi e stimolando un modo diverso di abitare. Ogni unità poggia su un basamento cilindrico, come se fosse una piccola navicella atterrata sulla terra. Nel 1984, grazie al sostegno del Comune, nasce un intero complesso: una cinquantina di sfere gemelle disposte in modo geometrico, con una precisione tipicamente olandese e una punta di ironia che oggi suona quasi poetica.

All’interno, ogni casa è una piccola sorpresa. Il piano inferiore ospita l’ingresso e i servizi essenziali; il cuore della sfera, al centro, diventa un salotto circolare che costringe a ripensare gli spazi, i mobili, persino i gesti quotidiani. In alto, una camera da letto con oblò regala viste insolite sul cielo o sulle fronde degli alberi. È un micro-loft futurista, dove ogni superficie curva suggerisce una vita più morbida, meno spigolosa, più intima.

Non è solo architettura: è un racconto. Una riflessione sul modo in cui abitiamo, sulla relazione tra forma e funzione, sull’idea che una casa non debba essere solo “utile”, ma anche ispirare.

Bolwoningen di Dries Kreijkamp

Quando l’utopia incontra la realtà

Naturalmente, l’esperimento ha presentato anche i suoi limiti. Le curve delle pareti rendono difficile collocare mobili rettangolari; la manutenzione dei gusci esterni richiede interventi costanti; e l’isolamento acustico non è perfetto. Eppure, le Bolwoningen sono sopravvissute a tutto, diventando un’icona del design abitativo olandese e un manifesto dell’architettura rétro-futurista.

Negli anni, queste sfere sono passate dall’essere considerate una stravaganza urbanistica a un vero e proprio patrimonio visivo. I residenti le difendono con orgoglio, gli architetti le studiano, i fotografi le immortalano, e i social le hanno trasformate in un fenomeno virale: capsule bianche immerse nel verde, spesso ritratte sotto cieli lattiginosi che ne amplificano la bellezza aliena. Su Instagram, le immagini firmate da Amith Nag Photography e altri creativi hanno fatto il giro del mondo, rilanciando l’interesse per un progetto che, quarant’anni dopo, resta sorprendentemente attuale.

L’eredità di un sogno ancora vivo

Ma cosa rappresentano oggi le case a sfera? Forse più di ogni altra cosa, sono un promemoria di quanto l’architettura pubblica possa ancora permettersi di sognare. Le Bolwoningen ci ricordano che l’innovazione edilizia non coincide solo con la tecnologia o la sostenibilità, ma anche con la forma: quella che cambia il modo in cui percepiamo lo spazio, e quindi la vita.

Dries Kreijkamp, con la sua visione, ha dimostrato che anche la periferia può diventare un luogo poetico, un laboratorio di idee, un territorio dove la sperimentazione non è un lusso ma un diritto. Quelle sfere, allineate con rigore nordico, raccontano una storia di coraggio architettonico e immaginazione sociale. Sono un invito a guardare la casa come organismo vivente, non come scatola funzionale.

Le Bolwoningen piacciono perché fanno sorridere, ma convincono perché mettono in discussione la normalità ortogonale delle nostre abitazioni. In un mondo dove tutto tende a essere standardizzato, quelle sfere ci ricordano che la diversità può essere accogliente, persino confortevole.

Forse è proprio questo il motivo per cui oggi, a distanza di quarant’anni, le case a sfera continuano ad attirare visitatori da tutto il mondo: architetti in pellegrinaggio, appassionati di design, curiosi in cerca di scatti perfetti o semplici sognatori che passano in bicicletta e rallentano per ammirarle.

In fondo, l’intuizione di Kreijkamp aveva un fondo di ironia e di tenerezza: costruire una casa che ti abbracci, letteralmente. Un guscio che protegge ma non isola, una forma che parla di armonia tra l’uomo e il mondo che abita.

Ecco perché le Bolwoningen non sono un capriccio architettonico né una reliquia postmoderna: sono un esperimento riuscito di utopia concreta, un’idea che ha anticipato il dibattito contemporaneo sull’abitare sostenibile e sulle nuove forme di convivenza urbana.
In Olanda, queste sfere bianche non rappresentano solo un passato visionario, ma un futuro che resiste — sferico, accogliente, leggero come un sogno che ha imparato a stare coi piedi per terra.

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