Appena fuori dalla tangenziale, dopo un tratto tra vigneti e campi lavorati, si entra in un borgo dove le facciate non si limitano a proteggere gli abitanti: le raccontano. Le case di Dozza mostrano dipinti che rinnovano ogni angolo del centro storico, trasformando la visita in un percorso visivo continuo. Il contrasto tra le pietre antiche e i colori moderni è il primo dato che colpisce: non è un effetto casuale ma il risultato di un progetto culturale durato decenni. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio questo intreccio costante tra conservazione monumentale e intervento contemporaneo, una scelta che ha cambiato la percezione del borgo a livello turistico e sociale.
Dozza, tra storia e trasformazione artistica
Dozza sorge a circa 190 metri sul livello del mare e si affaccia su colline di vigneti e uliveti che raccontano la vocazione agricola della zona. La distanza dalla città più vicina, 35 chilometri da Bologna e circa 6 chilometri da Imola, la colloca in una posizione facilmente raggiungibile ma comunque appartata. La planimetria conserva l’impronta medievale: strade strette, piazzette e l’imponente Rocca Sforzesca che domina il borgo. Chi vive in città lo nota ogni giorno: la compattezza dell’impianto urbano ha aiutato a preservare sia l’edificio fortificato sia le trame di vicoli che ospitano i dipinti.
La denominazione tra i Borghi più belli d’Italia non è solo simbolica: riflette programmi di manutenzione, regolamenti sul recupero edilizio e una cura diffusa del patrimonio. Il risultato è un centro storico che funziona come un organismo integrato, dove l’intervento pubblico e l’iniziativa privata si incontrano. Un aspetto che sfugge a molti visitatori è la manutenzione continua degli affreschi e delle superfici: alcuni murales vengono restaurati, altri sostituiti nel tempo, e questo mantiene il borgo vivo e in evoluzione.

Un museo a cielo aperto e la biennale del muro dipinto
La trasformazione più evidente di Dozza è la presenza diffusa di murales sui prospetti delle case, sugli archi e su edifici pubblici: una galleria permanente che si è costruita per tappe. L’origine del fenomeno risale agli anni ’60, quando nacque la Biennale del Muro Dipinto, un’iniziativa che invitava artisti a soggiornare nel borgo e a dipingere direttamente sulle facciate. L’evento ha assunto nel tempo una cadenza biennale, generalmente negli anni dispari, e ha svolto la funzione di laboratorio a cielo aperto per decine di creativi.
Secondo i promotori e i documenti del centro studi locale, la biennale ha coinvolto oltre 200 artisti dalla sua fondazione e ha prodotto più di 100 opere che oggi compongono la collezione pubblica. Le tecniche spaziano dal figurativo all’astratto, passando per il trompe-l’œil e interpretazioni oniriche del paesaggio. Un dettaglio che molti sottovalutano è il legame diretto tra il lavoro degli artisti e la comunità: le opere nascono spesso da dialoghi con i residenti e dalla volontà di integrare memoria locale e linguaggio contemporaneo.
Durante la settimana della biennale le strade diventano atelier e il processo creativo è visibile al pubblico: il bozzetto, il colore steso, i ritocchi finali. Questo crea un rapporto diverso tra cittadino e opera, più partecipato e meno distante rispetto al tipico museo. Un fenomeno che in molti osservano è la capacità dell’evento di rigenerare l’interesse per il borgo, contribuendo a quella vitalità
culturale che mantiene Dozza rilevante anche fuori regione.

Itinerario e consigli pratici per la visita
Un punto di partenza pratico è Piazza Carducci, da cui si diramano le vie principali come via XX Settembre e via De Amicis, dove si concentra gran parte dei dipinti. Il modo migliore per visitare è quello di lasciare il piano e seguire l’istinto: i murales si nascondono anche nei vicoli secondari e nelle piazzette minori. Gli itinerari segnalati sul posto aiutano, ma la scoperta più interessante avviene spesso seguendo scorci inaspettati.
Per raggiungere Dozza in auto la via più semplice passa dall’uscita di Castel San Pietro Terme sull’A14; sono presenti parcheggi gratuiti a breve distanza dal centro pedonale. In alternativa, si può arrivare in treno a Imola e proseguire con un autobus locale: la tratta dura mediamente 15–20 minuti. Un suggerimento pratico, che molti visitatori apprezzano, è controllare gli orari della Rocca Sforzesca e dell’Enoteca Regionale prima di partire, poiché variano per stagione.
Per godersi la visita è utile prevedere almeno mezza giornata: scarpe comode e una fotocamera fanno la differenza. L’enoteca nei sotterranei della Rocca propone oltre mille etichette regionali e mette in evidenza vini tipici come l’Albana di Romagna, utile per contestualizzare il territorio. Un fenomeno che in molti notano è la crescita dell’interesse enoturistico collegato alla visita artistica: assaggiare un vino locale completa l’esperienza culturale. La presenza diffusa dei murales, unita alla forte impronta storica della Rocca, lascia al visitatore l’immagine di un borgo capace di conciliare memoria e innovazione nella vita quotidiana.






