Il nuovo Villaggio Olimpico di Milano-Cortina 2026 è stato ufficialmente presentato e non è soltanto un luogo dove gli atleti dormiranno, si alleneranno e vivranno durante i Giochi: è un pezzo di città che nasce per durare, cambia il volto di Porta Romana e inaugura un modo diverso di pensare le opere olimpiche in Italia, con un’idea chiara di eredità urbana, sociale e ambientale. Un progetto enorme, 105 mila metri quadrati, 1.700 posti letto e la promessa di diventare, dopo le Olimpiadi, il più grande studentato convenzionato del Paese, pensato per rispondere a un problema strutturale: la cronica carenza di alloggi accessibili per studenti a Milano. L’operazione segna una transizione d’uso rapida e strategica, perché già pochi mesi dopo la chiusura dei Giochi il Villaggio diventerà una residenza studentesca moderna, sostenibile e completamente attrezzata.
Il nuovo quartiere che nasce dentro Milano: tra sostenibilità, architettura internazionale e spazi per una nuova comunità
Guardando i rendering e le immagini del progetto, colpisce il fatto che non si tratti di strutture provvisorie, fredde e “a tempo”, ma di sei palazzine residenziali integrate con due edifici storici riconvertiti, con corti, piazze, spazi verdi e zone sportive progettate per essere vissute anche dopo l’evento. La zona dello Scalo Porta Romana, un nodo ferroviario che per anni è stato simbolo di attesa e trasformazione, diventa finalmente città, e questo è forse il dato più potente. La sensazione è di osservare un frammento di Milano che dialoga con l’Europa: architettura contemporanea firmata dallo studio SOM, spazi condivisi curati da COIMA Image, landscape design di Michel Desvigne, materiali moderni, grandi superfici vetrate, linee sobrie e funzioni distribuite per favorire relazioni, vita quotidiana e studio.

Il villaggio è stato costruito in soli 30 mesi, con anticipo sui tempi, ed è già stato consegnato alla Fondazione Milano Cortina. Si respira l’idea di un progetto definitivo, non una scenografia temporanea. In questo racconto urbano c’è una parte forse ancora più significativa: dopo i Giochi, gli spazi ora pensati per allenamento, ristorazione, poli medici e aree relax degli atleti, diventeranno biblioteche, sale studio, mense, luoghi di ritrovo e servizi per gli studenti, creando un polo abitativo, relazionale e accademico fra i più innovativi in Italia. È un tassello centrale di un nuovo quartiere con 320 appartamenti in edilizia accessibile, spazi commerciali, servizi per residenti e lavoratori, aree verdi e piste ciclabili.
Questa operazione punta evidentemente a ricucire una parte di città che per lungo tempo è rimasta sospesa tra passato ferroviario e attesa urbanistica. La promessa è un quartiere vivo, popolato, attraversato da studenti, giovani lavoratori, famiglie e professionisti. E forse è qui che l’anima del progetto si manifesta pienamente: la città che cresce verso dentro, rigenerando, invece di espandersi senza misura.
Dal sogno olimpico alla vita quotidiana: prezzi calmierati, sostenibilità reale e un modello che vuole cambiare il mercato degli studentati
Quando i riflettori olimpici si spegneranno, il Villaggio diventerà un vero hub studentesco, con una politica di prezzi chiara: 864 euro al mese come media tutto incluso e 592 euro per gli alloggi calmierati, grazie alla partnership pubblico-privato. In una Milano dove trovare una stanza sotto i mille euro è ormai un’impresa, questa cifra rompe un equilibrio, forse lo rimette in discussione, e apre una strada che molti studenti sperano venga seguita da altri grandi operatori del settore.
Il progetto è sostenuto da green loan bancari, fondi dedicati alla casa sociale, investimenti privati di grandi gruppi e casse previdenziali. Un mix di finanza sostenibile e missione pubblica che segna una nuova via per le opere urbane su larga scala. I numeri sono impressionanti ma hanno una direzione concreta: pompe di calore al posto dei combustibili fossili, impianto fotovoltaico da 1 MW, certificazione LEED Gold e Wiredscore Platinum, sistemi di recupero delle acque, mobilità dolce, zone pedonali, colonnine elettriche, illuminazione LED intelligente e progettazione pensata fin dall’inizio per l’uso post-evento.
L’idea che emerge è quella di un luogo che non “rimarrà vuoto”, a differenza di molti villaggi olimpici nel mondo, ma che sarà assorbito dalla città e dalla sua domanda reale di spazi accessibili. Un quartiere laboratorio che punta a diventare modello, con un equilibrio tra residenze libere, student housing, edilizia sociale e servizi diffusi. Se funzionerà come promesso, sarà un precedente importante per il modo in cui in Italia si costruiscono grandi opere pubbliche e per come si pensa la città del futuro.






