L’Unione Europea stringe i tempi sull’intelligenza artificiale e lancia un piano senza precedenti: investimenti annuali oltre i 3 miliardi di euro per consolidare il ruolo dell’Europa come polo scientifico e tecnologico, formare una nuova generazione di professionisti e proteggere la competitività industriale in un mondo in cui l’IA sta riscrivendo regole, lavoro e innovazione. A Copenaghen è nato RAISE, il nuovo istituto virtuale europeo per la ricerca sull’IA, mentre Bruxelles prepara il debutto dell’AI Skills Academy, l’accademia europea delle competenze digitali avanzate, che partirà nel 2026 e mira a colmare un divario formativo che rischia di frenare imprese e cittadini proprio nel momento più delicato. È una mossa strategica, quasi urgente: entro il 2030, quasi il 40% delle professioni potrebbe cambiare radicalmente per effetto dell’IA, e i vertici Ue lo sanno bene, tanto da dedicare tre giorni di confronto — i Digital Skills EU Days — a un tema che non è più solo politico, ma sociale, culturale e industriale.
RAISE e la corsa europea all’intelligenza artificiale scientifica
RAISE nasce per dare struttura a un sogno ormai necessario: creare un ecosistema europeo dell’IA scientifica capace di competere con Stati Uniti e Cina e, allo stesso tempo, proteggere valori, privacy, modello sociale e capacità industriale del continente. È una piattaforma che unisce potenza di calcolo, database, talenti, finanziamenti pubblici e privati, collegando università, centri di ricerca e imprese. Nella pratica, sarà una sorta di “infrastruttura distribuita” per mettere in rete tutti gli sforzi europei e accelerare su campi come medicina oncologica, ambiente e prevenzione dei disastri naturali, grandi priorità che la Commissione ribadisce ogni volta che parla di IA non come moda, ma come asset strategico.
Finanziato da Horizon Europe con 107 milioni iniziali, l’istituto vuole raddoppiare gli investimenti complessivi europei in IA e superare i 3 miliardi annui. Bruxelles parla di “risorse condivise per obiettivi comuni”, perché è ormai evidente che nessun Paese europeo può correre da solo: servono supercomputer, dataset certificati, ricerca aperta e trasparente, talenti formati e trattenuti nel continente, e soprattutto una governance dell’IA che sia etica, controllata e competitiva, senza cedere a modelli deregolamentati o troppo aggressivi. Le parole d’ordine sono cooperazione, standard europei e velocità, perché dopo anni di regolazione — dall’AI Act al quadro su etica e trasparenza — ora l’Europa deve mostrare di saper costruire tecnologia, non solo normarla.

La nuova AI Skills Academy e la sfida delle competenze
L’altra gamba della strategia è la AI Skills Academy, che partirà nel 2026 con l’obiettivo di formare professionisti, studenti, manager e tecnici in un mercato del lavoro trasformato. Se l’IA sta già automatizzando mansioni e ridefinendo ruoli, l’Europa punta a creare un sistema educativo nuovo, continuo, capace di aggiornare competenze nel tempo, con percorsi specialistici, apprendistato, fellowship internazionale e strumenti per attrarre cervelli che altrimenti andrebbero altrove. Il budget iniziale è di 7 milioni, ma sarà solo il primo tassello: l’accademia sosterrà l’intero ecosistema del talento, misurerà i progressi e favorirà la nascita di una rete interattiva tra università, imprese e centri di formazione.
In parallelo, iniziative private prendono forma: Microsoft Italia ha annunciato una AI Skills Alliance per formare 400.000 persone in due anni, unendo associazioni come Confapi e Confesercenti in uno sforzo collettivo. È un segnale quasi evidente: non è più tempo di programmi teorici, ma di formazione tecnica pratica, immediata, spendibile sul mercato, perché chi non si adatterà rischia di restare indietro mentre emergono nuove professioni e scompaiono interi ruoli tradizionali.
Anche la dimensione sociale è centrale: ai Digital Skills EU Days verrà lanciato l’indice “Donne nel digitale” e premiate le migliori iniziative europee. L’obiettivo è chiaro: non basta investire e innovare, bisogna farlo in modo inclusivo, bilanciato e accessibile, evitando che l’IA diventi un moltiplicatore di disuguaglianze. L’Europa vuole 20 milioni di specialisti ICT entro fine Decennio Digitale e una parità di accesso che trasformi davvero la trasformazione tecnologica in un motore di progresso condiviso.






